Tutti a casa. Da lunedì prossimo gli studenti delle scuole superiori della Lombardia torneranno a fare lezione online. Lo prevede l’ultima ordinanza firmata dal presidente della Regione Attilio Fontana. Ma il Pirellone non è l’unico ad andare in questa direzione. Il governatore della Liguria Giovanni Toti ha deciso di passare alla didattica a distanza almeno nel 50 per cento dei casi. Così anche il Lazio e il Piemonte, dove solo alle prime classi saranno consentite le lezioni in presenza. Una scelta che avrebbe fatto anche Giorgio Gori a Bergamo se non fosse che la Regione si è mossa in modo più drastico anticipando anche i sindaci. Il presidente della Puglia Michele Emiliano, invece, ha inviato al ministero dell’Istruzione una lettera in cui chiede di “adottare immediatamente” forme “flessibili di attività didattica nelle scuole superiori”, altrimenti saranno messi in atto a livello locale “provvedimenti emergenziali”. Pressioni e decisioni prese per far fronte all’aumento dei contagi che ieri hanno superato quota 15mila in tutto il Paese, di cui 4.125 solo in Lombardia. Anche se non tutti sono d’accordo, specie per la linea dura voluta dal governatore lombardo: il presidente dell’Associazione nazionale presidi Giannelli teme “un effetto domino sulle altre Regioni”, mentre Pd e Movimento 5 stelle accusano il Pirellone di aver preferito una misura generalizzata anziché tentare di riorganizzare i trasporti e gli orari scolastici così come suggerito dall’ultimo dpcm del governo, che consentiva ingressi a partire dalle ore 9 e turni pomeridiani.

La scelta di Fontana: dad obbligatoria alle superiori – Nell’ordinanza firmata da Fontana si legge che “le scuole secondarie di secondo grado e le istituzioni formative professionali secondarie di secondo grado devono realizzare le proprie attività in modo da assicurare, dal 26 ottobre, il pieno svolgimento della didattica a distanza per le lezioni, qualora siano già nelle condizioni di effettuarla e fatti salvi eventuali bisogni educativi speciali. Agli altri istituti è raccomandato di realizzare le condizioni tecnico-organizzative nel più breve tempo possibile, per lo svolgimento della didattica a distanza. Le attività di laboratorio possono continuare ad essere svolte in presenza”. Ma anche sui trasporti sono arrivate dalla Regione sollecitazioni: “Si raccomanda – cita il provvedimento firmato dal governatore lombardo – che i dirigenti degli istituti scolastici organizzino e differenzino gli ingressi a scuola; a tal fine gli Uffici di ambito territoriale, in raccordo con gli Uffici scolastici regionali, assicurano lo stretto coordinamento con le Agenzie del trasporto pubblico locale ed i sindaci degli ambiti di riferimento”.

Pd e M5s contro Fontana: “Scelta miope” – Una misura molto più drastica rispetto a quella varata nelle altre Regioni – a eccezione della Campania – e che non è piaciuta ai partiti di maggioranza. “Pur comprendendo la difficoltà nel dover fare scelte dolorose e difficili in un momento così preoccupante di recrudescenza della pandemia, ritengo profondamente sbagliata la decisione di Regione Lombardia di chiudere da lunedì tutte le scuole superiori, imponendo la didattica a distanza”, dichiara il deputato dem Alfredo Bazoli. “Si tratta dell’ennesimo prova che i nostri ragazzi contano sempre meno di tutti gli altri interessi in gioco. Anziché chiedere agli studenti un sacrificio integrale, vanificando gli sforzi di questi mesi di tutto gli istituti scolastici, la Regione Lombardia non poteva tentare di graduare l’intervento, per garantire almeno alle classi prime e quinte, o a rotazione a tutte, una presenza fisica, l’unica in grado di consentire socializzazione e apprendimento dei ragazzi?”, spiega. Poi attacca: si tratta di una “scelta miope e sbagliata“. La pensano così anche la ministra della Famiglia Elena Bonetti e gli esponenti del MoVimento 5 Stelle in commissione Istruzione al Senato, che in una nota scrivono: “È gravissimo e sconcertante il fatto che vi siano alcune regioni che a causa dei propri ritardi e delle proprie inadempienze, in particolare sul fronte del trasporto pubblico locale, impongano la sospensione delle attività didattiche in presenza, per ora nelle scuole superiori, poi chissà”.

Dai sindacati ai presidi, le reazioni – La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha preferito non intervenire sulla questione, ma dai suoi collaboratori più stretti trapela l’irritazione. Ad essere preoccupati sono anche i sindacati. “La situazione è complicata. L’ordinanza della Lombardia – spiega Lena Gissi, segretaria nazionale della Cisl Scuola – ci mette nelle condizioni di pensare che la Lombardia si sta difendendo. Oggi ci sarà un incontro per avviare la contrattazione in merito alla definizione delle modalità e delle procedure per la didattica a distanza. L’amministrazione deve investire e sostenere lo sforzo che il personale docente dovrà fare. Dobbiamo pensare alla salute, stiamo pagando i ritardi”. Dal canto suo anche il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli, si è fatto sentire nella serata di ieri: “La decisione della Lombardia di imporre la dad a tutte le scuole superiori non è condivisibile perché pregiudica l’autonomia scolastica senza una vera ragione: le scuole non sono focolai di contagio. Ancora una volta la politica dimostra, con i fatti, di non attribuire alla scuola quella funzione centrale per il Paese di cui aveva tanto parlato nei mesi scorsi”. Il numero uno dei dirigenti lancia un appello: “Si comprime il diritto allo studio in presenza che per mesi, durante il lockdown, era stato ritenuto intoccabile. Salvo ignorarlo a seguito della mancata riorganizzazione del trasporto pubblico locale. Auspico che questa decisione non inneschi una sorta di effetto domino sulle altre Regioni”.

La linea soft delle altre Regioni – In realtà a percorrere la strada della didattica a distanza non è solo la Lombardia, con la differenza che nelle altre Regioni le modalità adottate sono diverse. In Liguria l’ordinanza di Toti prevede il “ricorso a misure di flessibilità organizzativa per una quota non inferiore al 50% di didattica digitale integrata”. In Piemonte stessa cosa: si dovrà alternare la didattica digitale a quella in presenza, per una quota non inferiore al 50%, nelle classi dalla seconda alla quinta. “Questo ci consentirà di garantire la priorità di mantenere le scuole sempre aperte, evitando che ogni settimana 75mila ragazzi si affollino sui mezzi di trasporto con un notevole rischio di contagio”, precisa il presidente Alberto Cirio. Nessun cambiamento, invece, per le primarie e le medie: “Le lezioni nelle scuole dell’infanzia, elementari, medie si svolgeranno invece sempre in presenza – ha chiarito l’assessore all’Istruzione Elena Chiorino – Si tratta di una forma educativa fondamentale e irrinunciabile, e a chi frequenta il primo anno delle superiori verrà consentito di continuare ad apprendere con continuità il nuovo metodo di studio e di sviluppare il senso di appartenenza al gruppo tra compagni e con gli insegnanti”. E a seguire c’è anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, segretario del Partito Democratico: ieri sera con un’ordinanza ha stabilito che da lunedì 26 ottobre, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado incrementeranno il ricorso alla didattica digitale integrata per una quota pari al 50 per cento degli studenti, con esclusione degli iscritti al primo anno, mentre le Università aumenteranno il ricorso alla didattica digitale integrata per una quota pari all’75 per cento degli studenti iscritti, con esclusione delle attività formative che necessitano della presenza fisica o l’utilizzo di strumentazioni.

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