Se non si rinuncia oggi alla plastica monouso, nel 2050 in mare ci sarà più plastica che pesci. Parte da questa consapevolezza il docufilm “Cronache Marine 2050”, prodotto dall’Istituto Oikos nell’ambito del progetto Life Beyond Plastic. Istituto Oikos è un’organizzazione non-profit impegnata nella tutela della biodiversità e nella diffusione di stili di vita più sostenibili. L’obiettivo dell’associazione è costruire una società più equa e sostenibile attraverso nuovi modelli di consumo e produzione. Il progetto è stato realizzato a supporto della campagna di sensibilizzazione contro la plastica monouso, pensata per proteggere il mare e incoraggiare i cittadini – soprattutto i giovani – a ridurre il consumo di prodotti di plastica.

L’idea per il docufilm nasce da un semplice assunto scientifico: se la produzione e il consumo di plastica continuerà a questi ritmi, tra trent’anni in mare ci saranno più sacchetti e bottiglie abbandonate che specie marine. Il documentario racconta il futuro attraverso quattro voci diverse, legate al mare in vario modo: c’è una bambina che colleziona sacchetti, un ristoratore che scopre il modo per cucinare le microplastiche, un’artista che compone opere con i rifiuti trovati in mare, un pescatore che, una volta scomparsi i pesci, si è reinventato come raccoglitore di bottigliette. Il 2050 che “Cronache Marine” racconta è un futuro in cui la plastica ha completamente cambiato il mare e la vita sul pianeta, un mondo surreale che però conserva forti elementi in comune con la realtà del presente: un futuro che è possibile scongiurare attraverso un’azione collettiva che parta dalla responsabilità personale.

A preoccupare sono soprattutto i dati. Secondo il report della Commissione europea sull’impatto delle buste di plastica sull’ambiente (2011), ogni anno vengono consumati più di 100 miliardi di sacchetti, solo in Europa. Ogni sacchetto ha una vita media in mare tra i 10 e 30 anni. Molti Paesi, tra cui l’Italia nel 2018, hanno vietato la produzione e diffusione delle buste in polietilene, introducendo quelli biodegradabili. Ma uno studio condotto dall’Unep (United nations environment programme) nel 2015 ha dimostrato che i materiali biodegradabili non sono in assoluto un bene per l’ambiente: in mare i processi di compostaggio e degradabilità avvengono più lentamente che all’aria aperta. Così, la persistenza dei sacchetti può ugualmente causare problemi alla fauna marina.

Ma uno dei reali problemi della plastica, è che ne viene riciclata una minima parte rispetto a quella che viene raccolta dopo l’uso. Secondo l’ultimo rapporto di “Plastics the facts” (2019), in Europa la produzione di plastica nel 2018 ha raggiunto quasi i 62 milioni di tonnellate, di cui solo 29 sono stati raccolti dopo l’uso. Di questi, il 43% è finito nei termovalorizzatori, mentre il 25% è finito comunque nelle discariche. Questo vuol dire che soltanto 9,4 milioni di tonnellate di plastica sono stati effettivamente riciclati. Secondo il Wwf, l’Italia è tra i Paesi che consuma più bottiglie di plastica al mondo ed è anche tra le prime tre nazioni della regione mediterranea – insieme a Egitto e Turchia – che contribuisce maggiormente alla cattiva gestione dei rifiuti plastici, che poi finiscono nella natura e in mare.

Per questo l’Istituto Oikos invita tutti, ma soprattutto i giovani, a intraprendere la “missione” per salvare il pianeta. “Se tutti facciamo uno sforzo individuale, possiamo davvero cambiare le cose”, scrivono sul loro sito ufficiale, dove elencano anche i consigli per ridurre lo spreco e le buone abitudini per impattare il meno possibile sull’ambiente. Ad esempio, per utilizzare meno sacchetti di plastica, basta utilizzare per la spesa o lo shopping borse di stoffa da portare sempre con sé.

È importante eliminare la logica dell’usa e getta: riutilizzare tante volte i sacchetti che già si hanno e portare con sé una borraccia per evitare di comprare e buttare bottigliette di plastica sono azioni che, attraverso la logica del riuso, aiutano a produrre meno rifiuti in ottica zero waste. L’Istituto Oikos raccomanda di evitare imballaggi inutili, preferendo i prodotti sfusi e i negozi in cui è possibile acquistare prodotti senza packaging, dai detersivi alla pasta.

I pericoli, però, vengono anche dalla plastica che “non si vede”. Ogni anno nel mar Mediterraneo vengono disperse tra le 70 e le 130mila tonnellate di microplastiche. Queste rilasciano dei contaminanti nello stomaco, di cui il 78% è tossico. Le specie marine vittime di ingestione della plastica sono 134: in questo modo gli elementi tossici entrano nella catena alimentare, fino ad arrivare nelle cucine e sulle tavole e, alla fine, nel nostro organismo. Per diminuire la dispersione delle microplastiche nel mare, si possono acquistare nei negozi green dei sacchetti per “catturarle” durante i lavaggi in lavatrice e comprare prodotti per l’igiene personale che non abbiamo nella loro composizione questi elementi.

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