Il presidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, il forzista Piero Mauro Zanin, è stato eletto mentre era direttore generale di una società a partecipazione pubblica che si occupa di trattamento dei rifiuti a Lignano Sabbiadoro. Così, dal gruppo consiliare del Pd, è stata presentata una mozione per “presunta incompatibilità di consigliere regionale” che in Friuli sta scatenando un putiferio politico. Il quesito a cui i Dem chiedono di ottenere una risposta è se, visto il ruolo ricoperto, Zanin ha diritto a rivestire tale carica. L’architetto è, infatti, al centro di una vicenda che gli è valsa una diffida a risarcire circa 180mila euro alla società Mtf di Udine, oltre al recupero di 45mila euro per uso di auto aziendale e somme versate all’Erario e all’Inps. Il totale è di circa 380mila euro.

È una storia in cui la politica si intreccia con la gestione di aziende pubbliche. Il 30 dicembre 2016 Zanin era amministratore unico Mtf, con sede operativa a Lignano Sabbiadoro. In tale veste scriveva al “Signore Zanin Piero Mauro”, ovvero a se stesso: “In relazione alle intese intercorse, al verbale dell’assemblea dei soci e alla determina dell’amministratore unico, abbiamo il piacere di confermarle l’assunzione alle dipendenze della nostra azienda nella categoria dei Dirigenti. Le verranno affidate le mansioni di Direttore generale”. Aveva assunto se stesso con un trattamento economico da 66mila euro lordi annui, oltre a una “retribuzione variabile incentivante”. Nella lettera di assunzione, infatti, compaiono due firme della stessa persona, che in un solo tempo assumeva ed era assunta.

Il secondo capitolo è costituito dall’elezione in consiglio regionale di Zanin (che è anche stato per nove anni sindaco di Talmassons), avvenuta nella primavera 2018. A luglio di quell’anno, dopo il decesso di Ettore Romoli, era diventato presidente del consiglio regionale, figura di garanzia dell’assemblea. Ma era eleggibile, visto che la legge pone sbarramenti di incompatibilità precisi? Lo scorso gennaio la Giunta delle elezioni del consiglio regionale friulano, riferendosi al decreto legislativo statale 39/2013, aveva affermato che spettava all’azienda indicare se l’attività professionale fosse di tipo dirigenziale o gestionale.

Il terzo passaggio è costituito dalla mossa del cda di Mtf che a settembre ha inviato una diffida per recuperare gli stipendi pagati dall’1 gennaio 2017 al luglio 2019, oltre ai benefit, ad esempio l’uso di un’auto presa a noleggio (al posto della liquidazone di rimborsi spese chilometrici). Una prima diffida risaliva a luglio e si basava sul presupposto della nullità dell’assunzione perché “il contratto risulta carente dei requisiti essenziali previsti dal Codice civile, non esistendo rapporto di subordinazione tra le due figure di amministratore unico e direttore generale che di fatto coincidevano”. Adesso il presidente del cda, Isaia Gasparotto, ha fatto quantificare il conto di quell’assunzione nulla (anche perché non vi fu un bando comparativo): 181 mila euro di retribuzione, 45 mila euro per spese auto, 75 mila euro versate all’Inps, 59 mila euro all’Agenzia delle Entrate, 9 mila euro di fondo dirigenti, 15 mila euro di fondo pensioni Previndai. Zanin ha fatto rispondere al proprio avvocato di non dover nulla.

Il quarto livello è quello politico, acceso ora dalla mozione del Pd, secondo cui l’incarico di direttore generale in una “società integralmente partecipata da Enti Locali” è stato mantenuto per oltre un anno anche dopo l’elezione in consiglio regionale. Invece, secondo la legge, “gli incarichi dirigenziali negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale sono incompatibili con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione”. L’anomalia, secondo loro, avrebbe dovuto essere segnalata alla Procura Regionale della Corte dei Conti e all’Autorità Nazionale Anticorruzione dal responsabile del piano anticorruzione della Regione Friuli, ovvero dal segretario generale. In caso di incompatibilità si potrebbe arrivare alla revoca dall’incarico.

Intanto la vicenda si arricchisce di alcuni episodi di cronaca. Scritte con lo spray, oltraggiose nei confronti di Zanin, sono apparse su un cartellone pubblicitario e su un muro a Udine (vicino all’asilo del figlio del consigliere) e a Martignacco. Zanin ha così denunciato “un clima d’odio che attacca la persona” e sottolineato la coincidenza con una sua intervista “che replicava ad attacchi politici e pretestuosi ricevuti da una parte politica”.

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