di Jakub Stanislaw Golebiewski

Che in Italia manchi una “cultura della separazione” siamo tutti d’accordo. Un gap importante che trascina le famiglie a scontrarsi con numerose difficoltà tra consultori familiari, aule di tribunale e consulenze tecniche d’ufficio e, a quanto pare, la situazione col tempo andrà peggiorando. In Italia ogni giorno ci sono oltre 250 coppie che si separano o divorziano, sabato e domenica inclusi. Nell’86,4% dei casi si tratta di una separazione consensuale, mentre nel restante 13,6% di separazioni giudiziali [dati 2015].

L’Istat ci ricorda inoltre che la quota di separazioni in cui la casa coniugale è assegnata alla moglie sale al 60% e arriva al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne. Si mantiene stabile la quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre (94% del totale delle separazioni). Dati che rappresentano deterrenza nei confronti di chi, oggi, ancora innamorato ma fortunatamente indeciso, ha il desiderio di unirsi in matrimonio.

Uno studio presentato da Euromonitor International riporta che entro il 2030 le separazioni nel mondo aumenteranno del 78,5%, un vero record, e ci saranno sempre meno bambini. Quest’ultima, ahimè, non è una novità per il nostro paese infatti entro il 2030 la maggior parte delle famiglie avrà solo un figlio confermando il trend per cui fino al 2030 si assisterà ad un declino del numero di figli per famiglia del 26,5% nelle nazioni più ricche, e del 33,8% nei paesi in via di sviluppo. In seguito all’improvvisa emergenza sanitaria, oggi ancora in atto, sono aumentate drasticamente le richieste di separazione e divorzio a causa della convivenza forzata da Coronavirus e alla conseguente impennata di violenza domestica.

Questo ha costretto gli addetti ai lavori a modificare rapidamente regole e procedure anche per le richieste di divorzi e separazioni tra i coniugi. Durante il lockdown il Consiglio nazionale forense (Cnf) ha accelerato la procedura di separazione varando nuove linee guida sulla gestione dei procedimenti che riguardano la famiglia, necessarie perché la difficile vita di relazione delle persone non può restare sospesa per mesi, considerando anche che la salute è sì da tutelare, ma la famiglia non è da meno. Si è ritenuto opportuno tutelare e bilanciare due diritti costituzionali fondamentali ovvero, da un lato, le esigenze di tutela della salute pubblica (art. 32 Cost.), dall’altro quelle della tutela della famiglia (art. 29 e 30 Cost.).

L’accelerata ha fatto in modo che tutti i procedimenti in materia venissero intrinsecamente connotati da urgenza. In tempo di Coronavirus la separazione è diventata rapida e online. Ma in linea generale l’incremento eccezionale dei divorzi sembra dipendere da alcuni elementi ben definiti che si sono ben consolidati nel tempo, tra i quali il fatto che il matrimonio oggi è visto più come un contratto sociale che un sacramento, che le donne sono economicamente più indipendenti per poter decidere di separarsi invece che resistere in un matrimonio infelice. Vengono meno alcune certezze, i matrimoni ormai sono in via di estinzione, già sorpassati. Non vi è più garanzia d’amore, né di famiglia felice, come quella del mulino bianco.

I numeri ci stanno dicendo che sposarsi non conviene, non serve più a nulla. I figli nati dentro e fuori dal matrimonio ormai sono tutti legittimi allo stesso modo e l’equiparazione tra coppie sposate e coppie di fatto è qualcosa di acquisito. Combattere il cambiamento porta solo danni collaterali, ma non arresterà la trasformazione lenta ma inesorabile di questa società. Ormai la definizione di “famiglia tradizionale“, fatta da madre, padre e figli, si sta trasformando rapidamente: le famiglie oggi sono sempre più formate da coppie non sposate, anche composte da adulti dello stesso sesso e che crescono bambini; da genitori single che lavorano e non hanno il supporto dei nonni e perciò li lasciano soli o li affidano ad altri per intere giornate; infine da conviventi non sposati e senza figli.

Nascono di conseguenza nuove esigenze da parte della comunità soprattutto sul fronte lavoro e welfare e per questo l’Italia deve correre e continuare ad implementare misure di flessibilità organizzativa nel tempo. L’iniziativa più comune, attuata dal 39,1% delle imprese, (Welfare Index Pmi 2020) è la flessibilità degli orari per venire incontro alle esigenze familiari, un dato importante sul quale bisogna continuare a lavorare per ampliarlo ulteriormente così come le misure a supporto della genitorialità che dal 2016 sono più che triplicate, arrivando al 23,1% delle Pmi.

La “cultura della separazione” deve passare necessariamente per il lavoro e per il welfare nell’ambito di una reale sostenibilità, soprattutto in un periodo di cambiamenti globali in cui è fondamentale promuovere valori che ruotano attorno allo sviluppo dell’individuo, della famiglia e della collettività.

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