Che figata la tv. L’ho sempre pensato, sin da quando avevo cinque anni. Quella scatola luminosa al centro del salotto mi attirava come fa una luce con le falene. Nei rutilanti anni ’80 non c’era certamente tutta la scelta di contenuti che abbiamo oggi, ma ho capito col tempo che in realtà ad affascinarmi era tutto ciò che stava dietro al mondo della televisione; la magia di qualcosa che entrava nelle case con una tecnologia per me bambino fantastica ed incomprensibile al tempo stesso e che, poco alla volta, ti faceva sentire persone di famiglia quei signori che ogni giorno vedevi nello schermo.

Io a Corrado, Pippo Baudo, Raffaella Carrà, Mike Bongiorno, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, a tutti loro volevo davvero bene. Forse è anche per questo che faccio il mestiere che faccio e, ammetto, la prima volta che entrai in uno studio televisivo vedendo “da dentro” quella scatola magica ero davvero emozionato. Confesso che ricordo con un certo fremito l’odore intenso del legno delle scenografie.

La stessa passione, per fortuna, è passata ai miei figli, soprattutto a Giovanni. Ecco quindi che in una bella giornata di ottobre tutta la famiglia si è messa in treno alla volta del Museo della Radio e della Televisione ospitato nella sede del Centro di Produzione Rai di Torino (aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 19, ultimo ingresso alle ore 18.30; visite guidate e di gruppo prenotabili tramite email scrivendo a museoradiotv@rai.it).
Già qualche mese prima avevo avuto la fortuna di poter visitare il museo mentre era in una sorta di pre-allestimento e, evidentemente, i miei resoconti furono talmente entusiasti da convincere anche mia moglie e i miei figli a vederlo con i loro occhi.

Al nostro arrivo ognuno aveva già trovato la sua dimensione; noi grandi siamo stati affascinati dai costumi originali delle trasmissioni storiche di Loretta Goggi e Adriano Celentano, i piccoli dalla riproduzione dell’Albero Azzurro e del pupazzo Dodò. Pochi passi ed eccoci nel mondo incantato della radio e della televisione; microfoni di tutte le epoche, cimeli storici come la cabina del Rischiatutto, installazioni interattive per scoprire come è cambiata quella scatola incredibilmente attraente che sta nei nostri salotti e, anche, come potrebbe cambiare nei prossimi anni.

Due momenti, poi, particolarmente emozionanti. Alberto, direttore del museo e nostra guida d’eccezione per quella giornata, con estrema nonchalance nel bel mezzo di un discorso apre una porta e, davanti a noi in tutta la sua magnificenza ecco un vero studio Tv, quello da cui si trasmette tuttora una delle trasmissioni di punta del centro di produzione di Torino; in pochi secondi il brusio del gruppo si placa e ora che la scatola magica è quasi scoperchiata tutti vogliono sapere, vogliono scoprire di più: cosa sono quelle lettere e quei numeri sul soffitto? Quante persone lavorano per un programma come questo? Quello spazio vuoto nella scenografia a cosa serve? Alberto parla e noi pendiamo dalle sue labbra seguendo il filo della nostra immaginazione.

Ecco poi la conclusione del percorso, il secondo momento memorabile, quello in cui grandi e bambini possono provare a dirigere una telecamera, a usare il mixer regia e quello delle luci o, anche, a fingersi annunciatore o annunciatrice grazie ad un microfono degno del Trio Lescano. Ragazzi, che figata la tv.

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