A quanto ammonta esattamente e come è stato speso il denaro versato in beneficenza agli ospedali lombardi durante il picco primaverile della pandemia? Ora è possibile saperlo. I dati, in queste settimane, sono stati forniti dalle varie Asst e Ats a quei consiglieri regionali (Luigi Piccirillo e Marco Fumagalli del Movimento 5 stelle) che richiedendoli hanno voluto esercitare il loro diritto a sapere tutto dei denari che circolano nelle casse nella sanità lombarda.

Ebbene, alla prima linea italiana della battaglia contro il Covid, dall’inizio dell’emergenza ad oggi sono giunti più di centotrenta milioni di euro, come è del resto possibile appurante all’indirizzo web della pagina “Il tuo aiuto è prezioso”, sul portale di Regione Lombardia, dove per la precisione si parla di 131.704.226,75 euro.

Una cifra considerevole benché il Covid sia costato sette volte tanto alla sanità regionale: all’incirca 895 milioni di euro, come è possibile leggere alla voce Rendicontazione spese dello stesso portale. Il denaro raccolto con le donazioni, quindi, non basterà a coprire per intero neppure le spese sostenute direttamente da Regione Lombardia, pari a quasi 328 milioni di euro. La parte restante sarà rimborsata dal Dipartimento di Protezione civile (per 63 milioni circa) e il resto (all’incirca 502 milioni) dallo Stato, attraverso il Commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus.

Questi fondi non sono stati utilizzati per la costruzione dell‘ospedale Covid in Fiera che invece è stato finanziato da Fondazione Fiera. A specificarlo è la stessa Regione Lombardia: “Sul conto corrente aperto per far fronte all’emergenza sanitaria”, si legge sempre sul sito “Il tuo aiuto prezioso”, “al 4 settembre sono stati versati 53.060.407,52 euro di cui 25.806.300,00 destinati al nuovo ospedale in Fiera Milano. Dato che tale ospedale è stato realizzato da Fondazione Fiera con risorse proprie (sempre derivanti da donazioni), Regione Lombardia ha richiesto ai donatori ‘Ospedale Fiera’ una liberatoria all’utilizzo delle risorse per altri presidi ospedalieri lombardi.

I soldi non potevano andare agli eroi in corsia, ma c’è chi ha “aumentato la pianta organica” – In ogni modo si è dato risalto soprattutto alle donazioni fatte dai vip. La coppia Fedez-Ferragni ha avviato una raccolta fondi per il San Raffaele, a cui la stampa ha dato ampio spazio; titoloni anche quando Silvio Berlusconi ha voluto aprire il portafogli per l’ospedale in Fiera. Alla sanità pubblica hanno invece pensato, per esempio, il tennista Novak Djokovic e la moglie Jelena che ancora nell’aprile del 2020 hanno fatto una donazione agli Ospedali di Treviglio-Caravaggio e Romano di Lombardia di un’ingente somma, senza però precisare la cifra.

Forse il numero uno del tennis mondiale si aspettava che un po’ della sua generosità finisse pure nelle tasche degli infermieri, dei medici o degli operatori sanitari, che sono stati chiamati eroi nei giorni più duri dell’epidemia. Invece, per loro, nemmeno il becco d’un quattrino. Il motivo, lo spiega in due righe l’Asst San Matteo di Pavia, che riferisce: “I contributi e le donazioni in denaro ricevuti, in base alla normativa vigente, non possono essere riconosciuti in favore del personale sanitario”. In effetti il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro sanità pubblica (CCNL 2015-2018) stabilisce da cosa deve essere composto lo stipendio di un infermiere (come recita l’articolo 75 “struttura della retribuzione”) e non sono ammesse eccezioni. Quindi, niente erogazioni liberali per i dipendenti pubblici, ai quali però sono stati riservati dei bonus statali ad hoc.

Gli ospedali potevano inoltre ampliare, durante l’epidemia, la loro pianta organica assumendo personale a tempo determinato, prendendo le risorse necessarie per farlo proprio dai fondi avuti in beneficenza. È quanto è accaduto all‘ospedale di Vimercate, per esempio, dove si sono spesi 137mila e 643 euro per infermieri e oss. Anche l’ospedale di Como Sant’Anna con i soldi ricevuti ha voluto aumentare la pianta organica per la quale ha speso oltre 72mila euro.

Tra chi ha ricevuto di più: l’ospedale Sacco di Milano – Tornando alle donazioni, la Giorgio Armani Spa ha effettuato una elargizione liberale di 250mila euro a favore dell’Istituto tumori IRCCS di Milano, anche se la struttura sanitaria tiene a precisare che non aveva promosso nessuna raccolta fondi ufficiale. Stessa somma è stata donata da Ac Milan ad Areu Lombardia, l’agenzia che gestisce il servizio di 118. Naturalmente, con quei soldi, si sono acquistate soprattutto automediche. San Pellegrino Spa, la nota azienda di acqua minerale di San Pellegrino Terme (Bg), ha poi donato 100mila euro alla Ats Montagna, l’agenzia che gestisce il sistema di controllo sanitario in Valtellina e nei distretti montani delle province di Brescia, Como e Lecco.

Ma a parte i grandi nomi, le donazioni maggiori sono state effettuate da una miriade di sconosciuti che hanno poco per volta riempito le casse di ospedali e Ats. Lo hanno fatto con denaro, ma anche con beni in natura. Tra i più ricchi è risultato l’ospedale Sacco di Milano, punto di riferimento per le malattie infettive e hub covid della città al quale sono arrivati in tutto 23.288.575 euro, solo in denaro. Oltre a beni in natura per un valore complessivo di quasi 2 milioni di euro (1.906.725). La parte più consistente della somma, 6 milioni, è stata subito spesa per lavori di riammodernamento della struttura.

Il San Matteo di Pavia, l’ospedale dove è stato curato il “paziente uno” e naturalmente molti altri malati, ha ricevuto 4.119.406 euro in denaro e 768.070 euro in beni in natura. Medici e infermieri in prima linea si sono trovati nel bisogno di utilizzare ben 395.142 euro di quelle donazioni, per dotarsi dei dispositivi di protezione individuale. Per fortuna che c’è stata la beneficenza. Anche altri nosocomi hanno fatto altrettanto. Per esempio alla Asst Ovest Milanese (città di Legnano e Basso varesotto), sono stati spesi 241mila euro per 200mila mascherine chirurgiche sempre attingendo a quanto ricevuto in beneficenza. Anche gli ospedali presenti in Valtellina e nell’alto Lario, che si sono visti accreditare oltre un milione e mezzo di euro, hanno speso oltre 277 mila euro per procurarsi mascherine. Tamponi, reagenti e gel igienizzanti sono costati invece 37mila e 671 euro.

Dallo smaltimento rifiuti alle colombe pasquali e agli strumenti per lo smart-working – Una voce di bilancio che la pandemia ha reso molto ingente, è stata quella del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri. All’Asst Franciacorta (provincia di Brescia) si è arrivati a spendere solo nei primi 5 mesi dell’anno oltre 406mila euro. Si pensi che in tutto il 2018, sempre per la gestione dei rifiuti, s’erano spesi 384mila euro e l’anno dopo 391mila. Ora ci si aiuterà anche con l’ossigeno delle donazioni: in Franciacorta sono arrivati all’incirca 500mila euro.

Alla Asst Bergamo-Est, quella del tristemente noto ospedale di Alzano Lombardo, sono invece arrivati in tutto 2.348.037,73 euro di beneficenza. A dare il loro contributo anche i 1200 tifosi della Curva Nord dell’Atalanta, che hanno fatto una colletta e raccolto oltre 60mila euro. A Crema, in provincia di Cremona, piccola Asst ma suo malgrado nel cuore del contagio, sono stati invece donati 245mila euro dal territorio. Tra gli altri, si sono spesi 11mila e 575 euro per attivare lo smart-working, ovvero è stata comprata una licenza per G Suite Business e “servizi di attivazione sistema aziendale di videconferenza”.

Alla Asst di Lodi (anche lei in prima linea contro il Covid) è invece arrivato poco più che un milione e mezzo di euro. A parte le migliaia di mascherine, camici, liquido igienizzante, che sono stati acquistati urgentemente, all’azienda ospedaliera della bassa Lombardia con 80mila euro della beneficenza si è deciso di attivare un “progetto welfare” per il benessere dei lavoratori dipendenti e loro famiglie.

Sono poi arrivati in donazione barrette di cioccolato, pizze surgelate, yogurt, uova di cioccolato e colombe pasquali (la Ferrero di Alba ne ha mandate 2690); e poi 400 croissant, prodotti cosmetici (come la crema Bionike), integratori alimentari e 100 litri di olio dall’Oleificio Cimini di Chieti. Questo ha riguardato un po’ tutte le Asst e Ats lombarde che sono state rifornite di cibo dolce e salato (576 pizze surgelate all’Asst Lariana, per esempio) destinato agli operatori e ai pazienti sistemati in corsia.

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