Perché? Perché abbiamo bisogno di credere nell’incredibile pur di vedere confermate le nostre idee, la nostra posizione? Ieri è circolata una foto che in gergo si chiama polpetta avvelenata o anche, al tempo di internet, fake news. La foto di bimbi inginocchiati per terra nel primo giorno di scuola. Le sedie a far da banchi e loro, piccini, in ginocchio. Una foto di un istituto genovese. Quella foto utilizzata dal candidato del centrodestra alla presidenza della regione Liguria Giovanni Toti come dimostrazione di quanto fosse alto il fallimento. Bimbi in ginocchio, oscurati da bollini arancione, lo stesso colore della lista di Toti.

Qui non è in discussione il giudizio su Azzolina ma su di noi, su ciascuno dei tanti che hanno ripubblicato, sconcertati, confusi e arrabbiati, quel fermo immagine.

Siamo andati contro la logica, la ragione, il minimo buon senso: com’era possibile che il dirigente scolastico o la maestra avessero inflitto una pena così grande ai nostri piccoli bimbi. Com’era possibile che avessero deciso di far scontare a degli innocenti le colpe, anche gravissime, del governo?

In ginocchio, poi. Nemmeno utilizzati i banchi vecchi, che immaginiamo dovessero esserci, mancando i nuovi. Nemmeno seduti per terra. Ma in ginocchio, magari sopra i ceci a rendere il sacrificio più drammatico.

Il dirigente scolastico ha poi spiegato che quello era un momento di gioco, che i banchi giungeranno oggi, che quella è stata una strumentalizzazione a fini elettorali.

Quel che conta e fa male è la nostra assoluta dedizione a non filtrare con la ragione più nulla di ciò che ci viene proposto. In molti hanno avuto bisogno di ritenere vero un falso (perché se falso non fosse il dirigente scolastico e l’insegnante dovrebbero venire denunciati e cacciati a calci dalla scuola), per vedere confermato il loro giudizio sul ministro, sul governo, su questo Parlamento.

Abbiamo bisogno di credere nell’incredibile. Non ci basta la realtà, dobbiamo volare con la fantasia, non ci basta la logica dobbiamo inseguire il rancore.

Che pena!

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