Italia Nostra ha appreso in questi giorni da un comitato di cittadini della Basilicata di una vicenda veramente incresciosa: l’approvazione del progetto per la realizzazione di una nuova cava per estrarre del silice dal Bacino Idrominerario del Vulture, a Monte Crugname, nell’area contigua e vincolata del Parco del Vulture (istituito con Legge Regionale nel 1994 e approvato nel 2017).

Pochi mesi prima dell’atto finale di istituzione del Parco del Vulture, la società Cementeria Costantinopoli Srl ha chiesto l’autorizzazione per realizzare una cava che impegnerebbe una vasta superficie, pari a 228.403 mq, per estrarre 8.697.438 mc di silice in 40 anni, mediante rumorosissimi escavatori e con successivo caricamento del materiale su circa 40 camion al giorno per il trasporto presso un cementificio.

La Regione, dopo aver aperto la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (Via), ricevuto dalla Cementeria Costantinopoli Srl lo Studio di Impatto Ambientale e aver convocato per tre volte la Conferenza di Servizi, ha rilasciato a maggio di quest’anno l’autorizzazione alla realizzazione della cava, nonostante tutti i vincoli e le rilevanti aree naturalistiche poste a ridosso dell’impianto.

Oltre al Parco stesso, infatti, la cava si trova nelle immediate vicinanze della Riserva Naturale Statale Orientata di “Grotticelle”, della Foresta Regionale di Monticchio, della Sic Monte Vulture e del Tratturo Regio Melfi Castellaneta e Tratturello di San Guglielmo.

L’area in questione è caratterizzata da un’elevata naturalità con habitat naturali e seminaturali in equilibrio da millenni con le attività agro-silvo-pastorali. Essa rappresenta l’identità del territorio del Vulture-Melfese e dà vita a produzioni agroalimentari di assoluta eccellenza come grano e olio biologico, vino Docg dell’aglianico del Vulture e acque minerali molto apprezzate. È evidente che l’impatto paesaggistico sarà devastante, poiché il progetto di cava prevede di “spianare” ampie porzioni sommitali di un colle, impattando non solo sull’ambiente ma anche sulle vicine aziende agricole che infatti hanno presentato ricorso.

A preoccupare però i residenti è la questione delle polveri sottili, “assorbile in modo quasi esclusivo dall’apparato respiratorio” degli essere umani e degli animali. Gli studi svolti sul tema parlano di patologie quali la “silicosi”, o “mal della pietra”, descritta da secoli tra i cavatori, gli scalpellini e gli addetti all’edilizia, che può comportare gravi effetti sulla salute come la silicosi e il cancro al polmone. Perciò il Comune di Melfi ha chiesto alla Regione Basilicata l’annullamento in autotutela del provvedimento di Via. Sempre Melfi ha rilevato che i terreni su cui insisterà la cava sono vincolati e sono stati inoltre percorsi da incendi nel 2015 e pertanto fino al 2030, ai sensi del comma 1 del predetto art. 10 della l. 353/2000, non possono avere altra destinazione che quella precedente al fuoco, cioè agricola.

È sconsolante notare che neppure tale vincolo è stato rilevato dalla società proponente, dalla Soprintendenza o dalle altre amministrazioni competenti, come anche la violazione dell’art. 142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che sottopone a vincolo paesaggistico i parchi e le riserve “nonché i territori di protezione esterni ai parchi”.

Quello che però lascia esterrefatti è che pare che l’Appia Antica passi proprio nei paraggi della cava. In recenti ricognizioni e scavi lungo tutta la valle dell’Ofanto sono stati rinvenuti materiali risalenti cronologicamente dalle fasi più antiche al Medioevo, come ad esempio i ritrovamenti nella località Pisciolo, ad ovest della città di Melfi, sulla riva orientale dell’Ofanto, immediatamente a nord di Monte Crugname, oltre al cosiddetto Ponte dell’Olio, di età romana, sottoposto a vincolo archeologico con Dm 7/12/1980. Da quanto si è appurato, pare addirittura che la strada interpoderale indicata nella cartografia di progetto come strada di accesso alla cava sia proprio il percorso che studi recenti individuano come l’Appia Antica, destinataria di un progetto di valorizzazione del Mibact per 20 milioni di euro.

Italia Nostra si augura che si possa intervenire per annullare l’autorizzazione rilasciata dalla Regione Basilicata il 27 maggio 2020 e di tutti gli atti ad esso presupposti e/o connessi.

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