“Ho avuto il coronavirus, non riuscivo a stare in piedi, mi mancava il respiro. Tutto questo non era una messinscena“. Monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, ad aprile è stato ricoverato per coronavirus: giorni e giorni di febbre alta, gli antibiotici, poi la lunga fisioterapia. Oggi si rivolge ai negazionisti che vogliono scendere in piazza il prossimo 5 settembre: “Fanno tristezza le loro discussioni dei negazionisti – commenta – si è arrivati a negare la Shoah, ora quasi non mi stupisce si arrivi a negare il coronavirus. Ma il punto è che da questi negazionisti non ho visto argomentazioni e si finisce per offendere la dignità di chi ha pagato il prezzo più alto e ci ha rimesso le penne”.

“Un tempo c’era l’evidenza, oggi c’è l’opinione e non ci si misura con più con la realtà. Non mi meraviglio culturalmente che si neghi tutto e il contrario di tutto”, sostiene, e poi aggiunge: “Nessuno augura loro un’esperienza drammatica, ma servono argomenti, ragionamenti, esperienze, dati. La polmonite interstiziale è una realtà, come lo sono gli intubati per Covid”. Definisce “folklore” l’idea di manifestare contro le regole anti-contagio e “diatribe becere da talk show” le loro manifestazioni: già a Berlino e a Londra ci sono stati cortei di negazionisti, e ora è in programma un’analoga manifestazione nella Capitale. “Sono in gioco le nostre vite, la società”, osserva il vescovo, che si chiede: “Siamo pronti nel caso arrivasse una seconda ondata?”.

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