Ci sono stati anni in cui il Tour de France veniva stravolto (in corso o a posteriori) dai test antidoping: questa volta a tenere tutti col fiato sospeso saranno i tamponi, quelli per il coronavirus. Bastano due casi positivi nella “bolla”, l’organico di una squadra (staff compreso), e il team sarà rispedito a casa. È la più grande incognita per questa Grande Boucle, al via oggi in un Paese, la Francia, dove i contagi restano da giorni sopra i 5mila positivi al giorno: già si contano 4 casi tra lo staff della Lotto, cacciati prima della partenza. In un 2020 che per la pandemia ha perso già alcuni appuntamenti monumento per lo sport, come Wimbledon, il Tour però non rinuncerà a fermarsi: si parte oggi (sabato 29 agosto) da Nizza, che nel frattempo è diventata zona rossa, si arriverà – come sempre – sugli Champs-Élysées. Non ci sarà il pubblico, restano tutti gli altri ingredienti per una corsa spettacolare.

La novità – Regole anti-Covid a parte, la notizia infatti è che non ci sarà solo il Team Ineos: esiste un’altra squadra in grado di contendere il ruolo di corazzata all’ex Sky, la Jumbo-Visma. Non è cosa da poco, se pensiamo che dal 2012 ad oggi solo Vincenzo Nibali è stato in grado di rompere l’egemonia dello squadrone diretto da Dave Brailsford. Invece gli olandesi hanno arruolato una serie di campioni e gregari di lusso, tutti magri, anzi magrissimi: l’unico che sembra aver mangiato almeno una pastasciutta durante il lockdown è Tom Dumoulin. Il vincitore del Giro 2017 è rientrato alle corse dopo oltre un anno di stop: forse non ha ancora le tre settimane nelle gambe, ma la sua condizione è in crescita. Il capitano della Jumbo è Primoz Roglic: lo sloveno però sembra aver raggiunto troppo presto il picco di forma – non è nuovo a queste errore – e la caduta al Delfinato ha complicato i suoi piani. Proprio il delfinato ha fatto fuori la terza punta della squadra: Steven Kruijswijk. Roglic però non si può lamentare: restano a suo disposizione George Bennett, Sepp Kuss e Robert Gesink, oltre a Tony Martin, Amund Jansen e Wout van Aert.

Il favorito – Nonostante lo sloveno e Dumoulin abbiano uno squadrone, il grande favorito per la vittoria resta Egan Bernal. Un altro che sembra aver preferito i rulli alle grandi abbuffate da lockdown, ma ormai la tendenza è questa: chi vince in salita è scheletrico. E il 23enne colombiano ha già vinto eccome: ora cerca il bis dopo lo storico Tour del 2019. La Ineos è talmente sicura della forza della sua stella da decidere di lasciare a casa Geraint Thomas e Chris Froome: sì, il 4 volte vincitore della Grande Boucle non sarà il via. Considerata anche l’assenza di Nibali, mancano tutti gli ultimi vincitori della maglia gialla. Escluso appunto Bernal. La Ineos ha scelto i giovani: facile quando hai in squadra Richard Carapaz, vincitore dell’ultimo Giro d’Italia, e Pavel Sivakov, che a 23 anni potrebbe fare da capitano in molte altre formazioni. Saranno entrambi a disposizione di Bernal, pronti a rubargli la scena alla prima difficoltà.

Le tappe – Il Tour però non si esaurisce qui, nel racconto della lotta che andrà in scena tra le due corazzate. Anche il percorso non è di quelli pensati per annoiare: tra martedì e giovedì prossimo subito due arrivi in salita, mentre il prossimo weekend di gara arrivano subito i Pirenei. Poi una settimana tranquilla, ma con l’insidia della rampa del Pas de Peyrol, che si conclude con una domenica da segnare in calendario: arrivo in cima alla Grand Colombier. L’ultima settimana comincia con 5 Gpm, poi si arriverà al durissimo Col de la Loze (21,5 chilometri di salita al 7,8%) e infine la tappa numero 18: metri di pianura zero, salite sei, oltre all’incognita del Plateau de Glières con un tratto in sterrato. Solo nella frazione numero 20 arriva la prima e unica cronometro (decisiva): 36 km, con arrivo sempre in salita sulla Planche des Belles Filles.

L’Italia (e la Francia) – Una scalata che porta subito alla mente le vittorie italiane di Nibali (2014) e Fabio Aru (2017). Ricordi amari, perché quest’anno di italiani contendenti alla maglia gialla nemmeno l’ombra. Il sardo è l’unico che nutre una flebile speranza: tutti lo aspettano sui livelli degli anni d’oro, ma quella condizione fatica terribilmente a tornare. Doveva essere capitano della Uae, più probabilmente farà da gregario a Tadej Pogačar: il 21enne sloveno, dopo il podio alla Vuelta un anno fa, potrebbe essere una delle sorprese. La Francia punta molto su Thibaut Pinot: il transalpino è di quelli che ogni anno sembra pronto alla consacrazione, ma poi non succede. Ha 30 anni, è in condizione e si trova davanti un Tour con i km di cronometro ridotti all’osso: è un’occasione d’oro, ma occhio alle tante discese (non esattamente la specialità della casa). Chi quando la strada scende va forte è Julian Alaphilippe: è l’altro francese che punta alla vittoria finale, dopo aver sorpreso lo scorso anno. In salita però non ci si reinventa sempre: il Moschettiere è meglio continui a fare – divinamente – il cacciatore di classiche. Anche per non alimentare fastidiosi dubbi.

Gli altri pretendenti – Con la grande incertezza, legata al fatto che i corridori hanno appena un mese di corse nelle gambe, sono diversi i pretendenti alla maglia gialla che meritano almeno una citazione e che potrebbero alzare ancora l’asticella dello spettacolo. In salita, ad esempio, anche la Education First ha un discreto squadrone, con Rigoberto Uran e Carthy ad affiancare Daniel Martinez, vincitore al Delfinato. Anche la Movistar ha tre scalatori ma nessuno sembra in grado di primeggiare: il veterano Alejandro Valverde, Marc Soler ed Enric Mas, che dopo un secondo posto alla Vuelta non ha più incantato. In salita incanta – ed è di gran lunga stilisticamente il più bello da vedere – Mikel Landa: il basco è capitano unico di una Bahrain-McLaren costruita per lui. Ha una grande occasione, visti i pochi km a crono. La Trek-Segafredo ha Bauke Mollema (spesso sottovalutato) e Richie Porte (sempre sopravalutato). Tra chi è partito tante volte per vincere il tour e non ci è mai riuscito, la menzione d’onore è per Nairo Quintana, finito alla Arkéa-Samsic: stupirà tutti? Ci proverà il Team Sunweb con gli interessanti Tiesj Benoot e Marc Hirschi, mentre uno che avrebbe meritato un capitolo ad hoc, ma è stato protagonista di una brutta caduta al Delfinato, è il tedesco Emanuel Buchmann.

Le volate – Non convince Miguel Angel Lopez, capitano in casa Astana, mentre per l’Italia resta anche la carta Domenico Pozzovivo, a 37 anni pronto a una nuova avventura con il Team NTT. I tifosi italiani sperano di consolarsi almeno in volata. Il grande favorito per la maglia Verde è ovviamente Peter Sagan, che l’ha già vinta sette volte. Negli sprint puri però non è il primo della classe: quel ruolo spetta a Caleb Ewan che nella sua Lotto-Soudal ha un alleato formidabile come John Degenkolb. Il testa a testa è con l’irlandese Sam Bennett, mentre la Cofidis ha Elia Viviani. L’italiano più in forma però è Giacomo Nizzolo che dopo la doppietta campionato italiano/titolo europeo punta alla prima tappa per coronare anche il sogno di indossare la maglia gialla.

La “bolla” – Se dovesse salire sul podio come vincitore avrà al suo fianco un uomo e una donna e non riceverà nessun bacio: un po’ regola Covid e un po’ mossa contro le accuse di sessismo. Il protocollo anti-contagio prevede, come già previsto per altri sport, il modello della “bolla”: 30 persone per ogni team che dovranno vivere in isolamento e ad esempio non saranno autorizzate ad accedere al villaggio di partenza. Il gruppo, già prefissato, sarà accreditato per l’accesso ad hotel, bus, linee di partenza e di arrivo. Se all’interno di questa “bolla” vengono rilevati due casi positivi (i test verranno effettuati sei e tre giorni prima della partenza e durante i due giorni di riposo) la squadra sarà esclusa dalla gara.

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