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Ex Ilva, non solo l’inchiesta di Genova: l’Inps avvia un’ispezione a Taranto sulla gestione della Cassa per Covid da parte di ArcelorMittal

L'esposto presentato il 16 maggio scorso dalla Fiom Cgil ha definito improprio l'utilizzo dell’ammortizzatore sociale con causale Covid da parte del gruppo franco indiano, perché "senza una giusta causa". Nel capoluogo ligure l'azienda è indagata per truffa ai danni dello Stato: ha chiesto la Cig nonostante avesse ottenuto la deroga per continuare a lavorare anche nei mesi di lockdown
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L’Inps ha avviato un’ispezione sulla gestione della cassa integrazione con casuale Covid da parte di ArcelorMittal a Taranto. L’ispezione nasce dall’esposto presentato il 16 maggio scorso dalla Fiom Cgil che ha definito improprio l’utilizzo dell’ammortizzatore sociale da parte del gruppo franco indiano, perché “senza una giusta causa”. Le stesse accuse che hanno portato pochi giorni fa all’apertura di un’inchiesta da parte della Procura di Genova: ArcelorMittal (che gestisce gli stabilimenti ex Ilva di Taranto, Genova e Novi Ligure) è indagata per truffa ai danni dello Stato. In questo caso il fascicolo è stato aperto dopo l’esposto della Fiom di Genova: l’azienda ha chiesto la Cig con casuale Covid nonostante avesse ottenuto la deroga per continuare a lavorare anche nei mesi di lockdown.

La sospensione delle attività a Taranto, con la conseguente collocazione in cassa integrazione per ulteriori mille lavoratori, secondo la Fiom, non avvenne “per motivi di ritiro degli ordini già esistenti, ma bensì per una volontà aziendale non ben precisata”. L’azienda comunicò il fermo di alcuni impianti dell’area a freddo di cui pochi giorni prima era stata annunciata la ripartenza “senza una giusta causa – sostiene la Fiom – e utilizzando impropriamente la cassa integrazione, scaricando il costo del lavoro verso l’istituto previdenziale”. Lunedì, intanto, parte nello stabilimento siderurgico di Taranto la proroga della Cig ordinaria per un numero massimo di 8.152 dipendenti per un “periodo presumibile” di 13 settimane. L’azienda sostiene di trovarsi “nella condizione di dover procedere ad una riduzione della propria attività produttiva”. Da un lato a causa “dell’emergenza epidemiologica Covid-19 ancora in atto in tutto il territorio nazionale ed internazionale, i cui effetti continuano ad avere riflessi in termini di calo di commesse e ritiro degli ordini prodotti”. Dall’altro, considerando “il parziale blocco di parte delle attività produttive, manifatturiere, distributive e commerciali che hanno reso difficilissimo, peraltro, anche la chiusura degli ordini e delle fatturazioni”.

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