Entro la settimana prossima, Joe Biden annuncerà la sua candidata alla vice-presidenza. Non c’è ancora un giorno preciso, ma l’annuncio arriverà sicuramente prima dell’inizio della convention democratica, il prossimo 17 agosto (durerà fino al 20 agosto, mentre quella democratica sarà dal 24 al 27). L’entourage del candidato democratico aveva settimane fa posto come limite massimo per la scelta il 1 agosto; ma il processo di selezione, in piena crisi Covid-19, ha preso più tempo del previsto e soprattutto Biden ha chiesto di decidere con calma e in piena autonomia.

L’ex vice-presidente sa bene quanto sia importante la scelta della running mate (che sarà sicuramente una donna, come lo stesso Biden ha annunciato durante le primarie). Il candidato democratico avrà infatti 78 anni al momento di una sua, eventuale, salita alla Casa Bianca. La vice dovrà quindi essere una politica esperta, capace, in grado di attutire i rischi insiti nella scelta di un politico così anziano a presidente degli Stati Uniti. Ma la vice dovrà anche riuscire a intercettare il voto di neri e giovani, due gruppi essenziali per la vittoria dei democratici. C’è poi il probabile capitolo degli attacchi da parte di Donald Trump e dei repubblicani, che cercheranno di dipingere l’anziano Biden come un “ostaggio” tra le mani della vice. Scegliere una candidata con una personalità molto forte, o troppo sbilanciata a sinistra, rischierebbe di nuocere al carisma e al messaggio politico di Biden.

La decisione sulla vice è dunque un puzzle di difficile composizione. Negli ultimi giorni ha conquistato forza la candidatura di Susan Rice, ex ambasciatrice di Barack Obama all’Onu. Il nome di Rice si va ad aggiungere a quelli di Kamala Harris e di Elizabeth Warren, che paiono le due scelte più probabili. Dopo un evento elettorale a Wilmington, Biden è stato fotografato con un foglio di appunti, scritto a mano, in cui il nome di Kamala Harris era in testa alla pagina, seguito da una serie di punti: “non conserva rancore”, “ha fatto campagna con me e Jill”, “ricca di talento”, “grande rispetto per lei”. Il foglio ha alimentato l’ipotesi che possa essere proprio Harris la prescelta. Il campo delle candidate è comunque molto più ampio e variegato. Ognuna ha frecce al proprio arco. Ognuna ha limiti evidenti.

Kamala Harris – 55 anni, senatrice della California dal 2017, ex candidata alla presidenza, Harris è la scelta secondo alcuni più probabile. Il suo profilo politico è di tutto rispetto. Ha proposto tagli alle tasse per la classe media, la riforma della polizia e la trasformazione del linciaggio in reato federale. Con un padre giamaicano e la madre indiana, Harris è una scelta che dà anche voce alle minoranze. Contro di lei, ci sono però due elementi. Non piace alla sinistra democratica: da attorney general della California, diede mano (molto) libera alla polizia. Durante le primarie, da candidata, Harris è stata inoltre protagonista di un attacco molto duro proprio contro Biden, accusato di essersi schierato nel passato con due senatori segregazionisti. Quell’attacco è stato vissuto molto male da Biden – e soprattutto dalla moglie, Jill. Ci sono membri del team di Biden, tra questi il senatore del Connecticut Chris Dodd, particolarmente avversi a Harris, che non avrebbe “mai espresso rammarico per quegli attacchi”. Per altri, la senatrice è invece la scelta più sicura: moderata, esperta, espressione delle minoranze.

Elizabeth Warren – Senatrice del Massachusetts dal 2013, professoressa alla Harvard Law School, Warren è la candidata naturale della sinistra del partito. Dalla sua ha un movimento già ben organizzato, eredità della campagna per le primarie democratiche, e una straordinaria capacità di raccogliere finanziamenti. È anche, tra tutte le candidate, quella con il profilo politico più definito e un’eccellente capacità di progettazione. Ha messo in piedi il Consumer Financial Protection Bureau e proposto piani per ridurre dimensioni e poteri delle grandi corporation; vuole alleviare la pressione fiscale sulla classe media e allargare le tutele sanitarie, sindacali, ambientali per milioni di americani. Warren ha però una serie non indifferente di possibili limiti. È bianca e ha 71 anni: non esattamente il profilo più adatto per dare il senso di un cambiamento generazionale e razziale. Viene dal Massachusetts ed è facile identificarla con un mondo politico e culturale della East Coast, considerato con sospetto al Centro e nel Sud. Proprio la forza della sua personalità politica potrebbe poi essere un limite: potrebbe infatti mettere in ombra quella del candidato ufficiale, Joe Biden.

Susan Rice – È il nome emerso di recente e, forse, quello che Biden vedrebbe personalmente con più favore. Rice è infatti, tra tutte le candidate, quella che Biden davvero conosce e con cui ha lavorato nella precedente amministrazione. 55 anni, ex consigliera alla sicurezza nazionale di Obama e poi ambasciatrice Usa all’Onu, Rice è stata protagonista di primo piano negli accordi sul nucleare iraniano e in quelli sul clima di Parigi. Con Biden, che da senatore si è occupato soprattutto di politica estera, condivide la passione per le questioni internazionali. Questo è però anche il suo limite. Non ha particolari competenze sulle questioni economiche e sociali, che in tempi di crisi economica post-coronavirus e proteste per George Floyd appaiono importanti. C’è poi un altro possibile ostacolo alla sua candidatura. Susan Rice non ha mai ricoperto una carica elettiva né sperimentato le asprezze di una campagna elettorale.

Tammy Duckworth – È l’altro nome emerso di recente. 52 anni, senatrice dell’Illinois dal 2017, per due volte deputata, Duckworth è una ex colonnello dell’esercito americano e pilota di elicottero; ha perso entrambe le gambe in combattimento in Iraq. Nel suo curriculum politico emerge soprattutto l’attenzione alle questioni della sicurezza nazionale e ai veterani. Gioca, a suo vantaggio, la forza della storia personale. Sarebbe anche la prima veterana di guerra in un ticket presidenziale dai tempi di John McCain – e la prima donna di origini asiatiche a presentarsi alle presidenziali. Queste caratteristiche sono però anche il suo limite. Oltre al tema dei veterani, Duckworth non sembra possedere una particolare riconoscibilità politica.

Keisha Lance Bottoms – 50 anni, afro-americana, è la sindaca di Atlanta. La sua popolarità nazionale è cresciuta durante l’estate, quando in città ha dovuto gestire un’emergenza coronavirus particolarmente preoccupante e violente proteste razziali. Si è mostrata all’altezza della situazione nel reagire all’uccisione di un giovane afro-americano, Rayshard Brooks: ha chiesto il licenziamento dell’agente responsabile dell’omicidio e annunciato restrizioni all’uso della forza da parte della polizia. La riforma della giustizia – in particolare dell’obbligo di cauzione – è in cima ai suoi interessi politici. Ha un altro elemento che gioca a suo favore: ha appoggiato da subito il tentativo presidenziale di Biden, e non l’ha mollato nemmeno quando questi era in serie difficoltà. Il suo limite è soprattutto uno: non ha mai ricoperto un incarico a livello nazionale.

Val Demings – È l’altra faccia di Keisha Bottoms. 63 anni, afro-americana anche lei, Val Demings è una deputata della Florida che ha guidato la polizia di Orlando dal 2007 al 2011: prima donna a dirigere quel Dipartimento, al termine di una carriera di 27 anni come agente. Tra i suoi temi forti c’è il controllo nella vendita e diffusione delle armi da fuoco. Sulla questione della riforma di polizia ha ovviamente una posizione più moderata rispetto a quella di altri colleghi democratici, e per nulla coincidente con i gruppi che in queste settimane stanno guidando la protesta. Dalla sua c’è soprattutto un elemento: viene dalla Florida, uno swing state che a novembre sarà al centro di una lotta dura tra Biden e Trump. Il suo limite è simile a quello della sindaca Bottoms. Non ha ricoperto incarichi politici o amministrativi a livello nazionale.

Gretchen Whitmer – 48 anni, governatrice del Michigan dal 2019, Whitmer è stata la democratica che ha pronunciato quest’anno la risposta al Discorso sullo Stato dell’Unione di Trump. Ha buone doti di amministratrice – ha ripensato ruoli e priorità del suo Stato durante la crisi del Covid-19 – e solide credenziali progressiste. È diventata governatrice con un programma di investimenti nell’educazione, nelle infrastrutture e di aumento dei minimi salariali. Ha raccolto consensi elettorali tra i più giovani e da subito appoggiato l’avventura presidenziale di Biden. La scelta di Whitmer avrebbe un’altra ragione importante. Il Michigan è uno Stato che Joe Biden deve assolutamente riconquistare, se vuole vincere a novembre. Il limite della governatrice del Michigan è però soprattutto uno: non porta al ticket con Biden quella diversità etnica e razziale che pare a questo punto importante.

Tammy Baldwin – Senatrice del Wisconsin dal 2013, è stata la prima persona apertamente omosessuale a entrare nel Senato Usa. Le sue credenziali sono quelle di un populismo progressista: è a favore della sanità pubblica e universale e per un protezionismo commerciale che difenda i lavoratori americani. Il fatto di venire dal Wisconsin è un vantaggio ulteriore. Biden ha un assoluto bisogno di riportare lo Stato in mano democratica, dopo la vittoria di Trump nel 2016. Il limite di Baldwin è lo stesso di Whitmer: un ticket tutto bianco – e molto midwestern – non sembra fatto per sollevare eccessivi entusiasmi tra neri e ispanici.

Karen Bass – È la sorpresa dell’ultima ora. 66 anni, afro-americana, deputata della California, Bass si è segnalata per il suo instancabile lavoro alla Camera. Ha contribuito a pensare e scrivere progetti di legge sulla riforma di polizia, sulla sanità pubblica, sul debito studentesco, sull’assistenza agli anziani. Guida una commissione parlamentare sull’Africa. Non c’è altra candidata alla vice-presidenza che possa vantare un curriculum legislativo così ricco. Non ha una relazione particolarmente profonda con Biden ma lo ha appoggiato quando ancora lo scontro con Bernie Sanders era aperto. L’ostacolo, per lei, potrebbe essere soprattutto uno: è poco conosciuta a livello nazionale.

Stacey Abrams – Per qualche tempo questa politica afro-americana, 47 anni, è apparsa come una candidata forte. Reduce da una straordinaria campagna per diventare governatrice della Georgia (persa per un soffio), Abrams riesce a suscitare l’entusiasmo dell’elettorato più giovane e ha un curriculum perfetto per i settori più progressisti: si batte per il diritto di voto delle minoranze, per la sanità pubblica e per la riforma della giustizia. Nelle ultime settimane, Abrams ha perso smalto. Sono stati alcuni elementi caratteriali, come le frequenti telefonate di auto-promozione a esponenti democratici di primo piano, a far scegliere una compagna di viaggio meno impetuosa per Joe Biden.

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