Il sindacalista e l’imprenditore, il sottosegretario all’Economia e il sindaco uscente. Per fermare la rielezione di Luigi Brugnaro a primo cittadino di Venezia, il centrosinistra ha schierato un uomo del governo giallorosso, Pierpaolo Baretta, e ha anche tentato qualche avance per tradurre in sede locale l’alleanza con i Cinquestelle. Ma questi sembrano spariti dal radar, visto che non hanno ancora scelto un candidato.

La gestazione nel centrosinistra è stata laboriosa già prima del Covid, visto che i nomi dell’ex presidente della Biennale, Paolo Baratta, e del rettore Michele Bugliesi, sono stati bruciati anzitempo. Il Pd ha rotto gli indugi a fine febbraio, quando si stava manifestando un pericoloso vuoto di proposte, e ha indicato l’ex sindacalista metalmeccanico della Fim Baretta, poi segretario nazionale aggiunto della Cisl e ora uomo di governo. Tocca a lui cercare di riconquistare l’ormai ex roccaforte rossa lagunare, da sempre un feudo di sinistra, grazie anche alla presenza del polo industriale di Porto Marghera. Ma ormai quei tempi sono passati, come hanno dimostrato i risultato di cinque anni fa. L’outsider Brugnaro, presentato da Forza Italia e Area Popolare, aveva recuperato al ballottaggio i 10 punti percentuali che lo separavano da Felice Casson del Pd (28,5 per cento contro 38 per cento), grazie all’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia.

Questa volta ha fatto l’accordo prima e così si presenterà con un centrodestra compatto, anche se lui non vuole perdere la sua identità di “lista fucsia”, per mostrare una diversità (questa volta integrata e organica) nel centrodestra. È stato un sindaco decisionista, che ha investito sulla proposta di “cambiare la città” e nell’emergenza da acqua alta ha cercato di mostrare il volto di un primo cittadino vicino alla gente. Non a caso, alla presentazione dell’alleanza ha dichiarato (lanciando una frecciata al suo avversario): “Per guidare l’auto bisogna superare due prove, per fare il ministro non serve niente. I cittadini hanno bisogno di soluzioni e se c’è gente che non ha fatto niente hai voglia a credere nel cambiamento green, alle bonifiche, allo sviluppo”. Parlando di sviluppo, Brugnaro ha puntato su quello immobiliare dei grandi alberghi in terraferma e su una Venezia del turismo come azienda, anche riguardo al tema delle Grandi Navi. E ora mira (spalleggiato dal governatore Luca Zaia) a entrare nella stanza dei bottoni della gestione del Mose, il sistema di dighe mobili contro l’acqua alta.

Non si è fatta attendere la risposta di Baretta: “La forza di Venezia è enorme. Per la città penso alla creazione del sistema fognario, a un piano di edilizia pubblica, a nuovi modelli di gestione del turismo, a Venezia Capitale della Cultura, a Porto Marghera, all’industria green”. Ma pure lui avrà le sue gatte da pelare con le Grandi Navi, dal momento che nel giorno delle prove di innalzamento delle paratoie del Mose era in prima fila assieme al premier Giuseppe Conte e al ministro Paola De Micheli. Anche Baretta sta facendo il pieno di liste di un centrosinistra unito: oltre al Pd, Azione Venezia, Verde e progressista (cioè i Verdi di Gianfranco Bettin e Articolo 1), Svolta in comune, Venezia è tua (ovvero Italia Viva di Renzi assieme al Psi e all’ex sindaco Ugo Bergamo), Idea comune per Mestre e Venezia.

Tutto fermo, invece, sul fronte del Movimento 5 stelle. “Siamo al suicidio, tutti stanno già facendo la campagna elettorale e noi siamo fermi”, denuncia l’avvocato Davide Scano, che fu candidato sindaco cinque anni fa. Il motivo? “Da quattro mesi sono depositate due indicazioni: quella del consigliere comunale uscente Sara Visman e quella dell’attivsta Andrea Grigoletto. Ma dal Movimento a Roma non arrivano indicazioni, tutto tace – aggiunge Scano, che non si ricandiderà – È un silenzio preoccupante”. Preludio di alleanze con il centrosinistra? I Cinquestelle veneziani lo escludono, anche se ammettono che il Pd ha cercato qualche infruttuoso contatto. “E pensare che gli argomenti per una campagna elettorale conflittuale nei confronti del sindaco Brugnaro ci sarebbero tutti”, conclude Scano. “Basti pensare ai suoi conflitti d’interesse mai risolti, all’idea di una Venezia che torna ad essere quella del turismo di massa precedente al Covid, allo sviluppo selvaggio di progetti immobiliari e di alberghi con qualche decina di migliaia di posti letto per turisti in terraferma”.

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