“Debito comune una vittoria? Lo ammetterò quando succederà“. Così Alberto Bagnai, il 17 giugno scorso rispondendo a una domanda di Peter Gomez durante la trasmissione Sono le Venti, sul Nove, parlava del Recovery Fund.

Oggi che l’accordo è stato siglato con 750 miliardi di euro di debito comune Ue (suddivisi in 390 miliardi di sussidi a fondo perduto e 360 di prestiti), il senatore e responsabile del dipartimento economia della Lega, intercettato al termine dei lavori parlamentari fuori Palazzo Madama, nega che per la prima volta nella storia dell’Unione europea ci sia la condivisione del debito tra i 27 Paesi membri: “Chi vi racconta queste storie?”. Quello del Recovery Fund “non è un momento storico” continua Bagnai, che argomenta così: “Se posso essere tecnico, le fregnacce hanno un tempo di decadimento molto più rapido di tanti altri materiali radioattivi”.

“L’Italia è un paese contributore netto, vuol dire che ogni anno diamo più soldi di quanti non ne riceviamo indietro, mentre un domani se venisse approvato il Recovery Fund, come chiede la commissione Ue, l’Italia diventerebbe beneficiario netto, cioè prenderebbe più di quanto versa”, argomentava il direttore Peter Gomez nel corso dell’intervista dello scorso giugno. Ma per Bagnai “tra i corridoi di Bruxelles si dice che ci possiamo dimenticare di diventare beneficiari netti. Economisti europeisti già ci raccontano che questa storia ci costerà un miliardo l’anno. In Europa non ci stanno regalando niente. Quello che non volete vedere è che siamo entrati in un meccanismo in cui l’ingerenza estera nella nostra politica economica è rafforzata“. La Lega resta dunque l’unico partito a criticare aspramente l’accordo europeo, a differenza delle altre formazioni del centrodestra – che pur con diverse gradazioni – hanno riconosciuto l’importanza dell’accordo raggiunto a Bruxelles. “Sapete come siamo passati dal 4 al 30%? – chiede Bagnai – Perché ci è già successo di dire un pochino prima quello che tanti altri hanno detto dopo e quindi se ora diciamo di stare attenti, direi che questo è un motivo per fidarsi”. Per Bagnai l’errore politico è l’entusiasmo sull’accordo: “Piazza Venezia era piena di italiani entusiasti di essersi messi insieme con la Germania in una meravigliosa ed entusiasmante impresa che si sa come è finita perché l’imperialismo tedesco ogni tanto va a sbattere”.

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