di Maurizio Donini

L’accordo imposto dal ticket Merkel-Macron ai 27 è un grande successo della comunità europea, ma la materia viene trattata in maniera decisamente approssimativa e ‘sentimentale’, in una specie di guerra tra fazioni, dall’opinione pubblica. In realtà si tratta di materia strettamente tecnica, e risulta difficile pensare che il 90% dei commentatori sui social abbia la minima conoscenza dei meccanismi di bilancio europei, per non dire di macroeconomia.

Iniziamo dai dati di pubblico dominio, se il saldo è rimasto fermo a 750 mld, le pro-quota sono diventate di 360 mld di grants (prestiti) e 390 mld di loans (sussidi). La seconda cifra non è casuale e porta la soglia dei sussidi ‘a fondo perduto’ sotto la soglia psicologica dei 400 mld lenendo le sensibilità dei ‘frugali’. La cifra totale degli stanziamenti messi in campo dall’Europa tra Bce, Bei, Commissione Europea, Fondo Sure e ora Next Generation Eu supera i 2000 mld stanziati dagli Usa.

All’Italia toccheranno 208,8 miliardi (81,4 tramite sussidi a fondo perduto e 127,4 di prestiti), e qui è doveroso fare la prima precisazione: la Ue non ha fondi propri, quindi verrà classata un’emissione di bond con rating AAA, quindi a tassi bassissimi che l’Italia si sarebbe sognata, per tutti i 750 mld, non solo per la parte loans.

Il consorzio emittente vede la partecipazione del nostro paese pro-quota al 13%, in parole semplici l’Italia dovrà farsi carico non solo della quota dei 360 mld di prestiti, ma anche il 13% dei 390 mld, ovvero 50,7 mld. Il risultato è che come sussidi veramente a fondo perduto si parla di 32,1 mld e non di 81,4; trattasi ovviamente di un risultato molto positivo comunque, in quanto si supera il principio statutario delle capital key, per cui uno stato riceve in percentuale secondo la sua partecipazione.

I frugali che appaiono sconfitti in realtà sono forse i veri vincitori della tenzone, perché si portano a casa 26 mld di rebates, sconti sulle contribuzioni, per il bilancio 2021-2027. Stiamo parlando degli unici ‘veri’ soldi a fondo perduto, euro che non usciranno dalle casse dei frugali; a onore della Germania, la Merkel ha rinunciato allo sconto per il suo paese confermando il contributo nella sua totalità.

Altra questione riguardante il Next Eu è che questo rientra nel Qfp, il quadro finanziario pluriennale. Il Lbt, il long term balance, copre il settennato europeo 2021-2027 e quindi i soldi non arriveranno prima del secondo trimestre 2021. Se si parla del Mes è perché questo è disponibile subito e quindi risulta incomprensibile l’eventuale scelta di rinunciarvi per motivi puramente ideologici. Questi sono decaduti anche a livello di condizioni: se il Mes ha l’unico vincolo della destinazione a uso sanitario, il Next Eu sarà sottoposto a tutta una serie di controlli e verifiche da parte del consorzio e della Commissione, su validità e stato di avanzamento dei progetti presentati, ben più severe della semplice destinazione d’uso.

La governance del Next Eu non prevede veti da parte dei Parlamenti nazionali, che avranno tale possibilità solo rispetto i fondi propri: nessun pericolo Vallonia quindi. Teoricamente non è prevista nemmeno la co-legislazione con il Parlamento Europeo, i Recovery Instruments sono nei poteri del Consiglio Europeo, ma rientrando Next Eu nel Qfp il Parlamento avrà ampia voce in merito.

Il percorso degli eurobond non sarà certo agevole, si tratta di portare a termine negoziati su 30 programmi che fanno parte della Pac, del Programma Ricerca, Settore cultura con Horizon, Erasmus+. Per gli oltre 30 programmi si dovrà discutere di una decina di regolamenti comunitari e le carte devono ancora essere scritte con tutte le cifre necessarie. Il percorso da qui alla reale disponibilità del Next Generation Eu è ancora lunga, ma l’Europa si presenta unita e forte.

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