Non si licenzia ma neppure si assume. E a farne le spese sono stati in questi mesi i lavoratori con contratti a termine che arrivano a scadenza e raramente vengono rinnovati. Che questo fosse il punto debole della barriera eretta dal governo a tutela dell’occupazione era facilmente intuibile. I numeri diffusi oggi dall’Inps danno però la misura del fenomeno: a fine aprile si contavano 499 mila posizioni lavorative a termine in meno rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Impressionante l’accelerazione: – 29mila a febbraio, – 279mila a marzo. Crollo anche per gli stagionali: – 89 mila a marzo, – 169 mila ad aprile. Relativamente a tutte le tipologie contrattuali aprile si chiude con saldo negativo di 610 mila unità e un crollo delle assunzioni dell’83% sull’anno prima.

Nei primi 4 mesi dell’anno il blocco dei licenziamenti ha prodotto il dimezzamento (-47%) delle cessazioni di lavoro tra dipendenti con posto fisso. Nei primi 4 mesi dell’anno le nuove assunzioni sono state un milione in meno dell’anno prima. Penalizzati soprattutto i giovani in fase di ingresso nel mondo del lavoro. Le domande di disoccupazione presentate tra gennaio e maggio sono state quasi 745mila, in aumento del 16% sullo stesso periodo del 2019. Le ore autorizzate di cassa integrazione sono diminuite in giugno. Sono state 408,7 milioni, ossia il 52% in meno rispetto a maggio 2020, a testimonianza della graduale ripresa dell’attività produttiva.

Articolo Precedente

L’assistente di direzione, ovvero il biglietto da visita di un’azienda: le persone al centro!

next