L’acqua potabile sull’isola di Favignana arrivava a bordo delle navi autorizzate dal ministero della Difesa. Il servizio però era finito al centro di “un sistematico scambio di favori” con un danno erariale di 2 milioni di euro: questa la ricostruzione della procura di Trapani che ha chiesto e ottenuto l’arresto del sindaco dell’isola, Giuseppe Pagoto, ai domiciliari da venerdì mattina. È accusato di corruzione, falso e turbativa d’asta e anche per aver tratto vantaggio alle elezioni amministrative del 2018. L’indagine coinvolge 24 persone, undici delle quali, tra cui il primo cittadino, sono stati sottoposti a misura cautelare. Ai domiciliari anche il comandante della polizia municipale, Filippo Oliveri, l’ex vicesindaco Vincenzo Bevilacqua e un dipendente della compagnia di navigazione con sede a Napoli che si era aggiudicata il servizio di trasporto dell’acqua potabile. Per l’assessore Giovanni Sammartano invece il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’obbligo di dimora.

Gli indagati sono accusati a vario titolo per reati di corruzione, peculato, falso ideologico in atti pubblici, frode in pubbliche forniture, turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione elettorale, abuso d’ufficio, smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. Durante le indagini i finanzieri, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Agnello e dai pm Matteo Delpini e Rossana Penna, hanno “accertato un accordo corruttivo” tra il sindaco, il vice sindaco pro tempore e un assessore del comune di Favignana con i responsabili e i dipendenti di due società che in Rti (rete temporanea d’imprese) avevano ottenuto dal ministero della Difesa la gestione della fornitura di acqua potabile, attraverso navi cisterna, nelle isole minori. Le indagini hanno avuto inizio nel 2017 in seguito ad una segnalazione anonima giunta in procura. Così – anche con l’ausilio delle intercettazioni telefoniche – è emerso l’accordo, con “alcuni funzionari comunali che omettevano volutamente l’effettuazione dei prescritti controlli sul quantitativo di acqua potabile trasportata e scaricata dalle navi” e comunicando i dati sbagliati all’assessorato regionale.

In cambio le imprese “ricompensavano” i pubblici funzionari con l’assunzione di parenti e conoscenti o attraverso contributi al Comune che il sindaco poi distribuiva alle associazioni in occasione della festa patronale. Tra gli indagati c’è anche Stefano Donati, ex direttore dell’Area Marina Protetta, sottoposto all’obbligo di dimora a Roma e indagato per corruzione in concorso con il sindaco per l’assegnazione dei servizi ausiliari all’interno dell’area protetta, con l’assunzione di persone che lo avevano sostenuto alle amministrative del 2018. In cambio Donati avrebbe ottenuto “somme di denaro pubblico non dovute” e consulenze al termine dell’incarico. Il sindaco che aveva già governato, nel 2018 puntava alla ricandidatura e aveva chiesto al comandante della polizia Municipale di evitare alcuni controlli nelle attività commerciali che appoggiavano la sua elezione. Altri invece, secondo la ricostruzione della procura, dovevano essere colpiti con controlli mirati. Anche per questo il suo incarico venne rinnovato e al comandante venne affidata anche la direzione protempore dell’Area Marina Protetta di Favignana.

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