Scoppia lo scandalo delle presunte sentenze copia-incolla o prefabbricate, inviate alle parti prima ancora dell’udienza. Accade in Corte d’appello di Venezia dopo che l’Unione delle Camere penali del Veneto e i sette presidenti delle Camere penali delle singole sedi di Tribunale, hanno informato l’Unione nazionale delle Camere penali e hanno scritto al ministero della Giustizia chiedendo in modo formale un’ispezione urgente negli uffici giudiziari lagunari. Secondo i rappresentanti dell’Avvocatura, ci si troverebbe in presenza di alcuni casi in cui le bozze delle sentenze erano già state predisposte, con il verdetto di condanna e con l’indicazione dei termini di deposito delle motivazioni, prima che si svolgesse l’udienza di fronte a un collegio giudicante. E’ un fatto “di enorme gravità” denunciano gli avvocati.

Il direttivo della Camera penale veneziana ha inviato una lettera a tutti gli iscritti, riassumendo i fatti. “Lo scorso 6 luglio ci veniva comunicato che, durante l’udienza tenutasi dinanzi alla I Sezione penale, anziché l’usuale relazione scritta – che già costituisce di per sé pervicace prassi contra legem – era stato consegnato alle difese l’ordito motivazionale della sentenza, comprensivo del dispositivo, che disattende le tesi degli appellanti”. Un giudizio espresso prima della discussione? “Ci è stato documentato come ad un collega siano state notificate a mezzo Pec con tre giorni di anticipo rispetto all’udienza di discussione le motivazioni della sentenza di rigetto ricavate attraverso quello che appare essere il copia e incolla di altra sentenza redatta nell’ottobre del 2016”. Gli avvocati di tutto il distretto del Veneto hanno scritto alla Presidenza della Corte d’appello e alla Procura Generale di Venezia, “denunciando la gravità dell’accaduto e chiedendo copia delle sentenze già scritte”.

La risposta avrebbe confermato i sospetti. “La Presidente della Corte trasmetteva le copie autentiche dei verbali delle udienze e di ben 7 (diconsi sette) pronunce complete di motivazione e di dispositivo. Emergeva, pertanto, uno sconcertante quadro documentale che rischia di legittimare l’ipotesi che esista una sorta di prassi di precostituzione del giudizio, non solo rispetto alla camera di consiglio, ma anche alla discussione delle parti”. Gli avvocati si sono rivolti al Ministero, perchè ritengono che “tale prassi mortificherebbe il nostro ruolo, renderebbe vuoto il contraddittorio finendo con il delegittimare l’intera Corte d’Appello e i tanti Giudici che praticano con convinzione il giudizio dialettico”. Si decide prima di sentire che cosa hanno da dire le parti per procedimenti che sarebbero comunque prescritti? Ma se un processo è destinato alla prescrizione, qual è la sostanza del problema? Un imputato, prima della dichiarazione di superamento del tempo massimo per un giudizio, potrebbe essere assolto, ove fossero evidenti le ragioni della sua innocenza. Ed è su questo che insistono gli avvocati: viene tolto a un imputato il diritto a una assoluzione, consegnando già il verdetto al fine vita giudiziario. E la prescrizione lascia intatti i risarcimenti alle parti civili, che in caso di assoluzione verrebbero meno.

Intervistata da Il Gazzettino, la presidente della corte d’Appello, Ines Marini, replica: “Nessuna sentenza già scritta, ma una semplice bozza di ipotesi di decisione, predisposta dal giudice relatore sulla base di uno schema predisposto dal Csm e come consentito dalla Cassazione”. Le decisioni? “Vengono prese in camera di consiglio, dopo aver ascoltato tutte le parti. Sono sorpresa della decisione di rivolgersi al Ministero. Comprendo che gli avvocati possano avere frainteso, ma sono amareggiata. Le decisioni non erano state prese, lo ribadisco”. Ma anche sulla relazione introduttiva, la presidentessa specifica: “E’ anticipata agli avvocati invece che letta in aula, per cercare di accelerare i processi e poterne trattare un numero superiore”. “Peccato che siano indicati i termini del deposito delle motivazioni – replica l’avvocato Renzo Fogliata, presidente della Camera veneziana – quando in almeno due casi le motivazioni erano già state scritte”. All’udienza del 6 luglio un avvocato aveva segnalato ai giudici che alle difese, prima della discussione, era stato consegnato “l’ordito motivazionale della sentenza, comprensivo del dispositivo, che disattende le tesi degli appellanti”. Il sostituto procuratore generale, Alessandro Severi, aveva chiesto chiarimenti. Le cause sono così state rinviate al prossimo anno.

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