Durante le celebrazioni del 4 luglio il presidente Donald Trump ha affermato che le contestazioni dei monumenti schiavisti o coloniali negli Stati Uniti sono figlie di un “fascismo di sinistra” che non riuscirà a impedire a non meglio specificati “americani” di celebrare presunti “eroi del passato”.

Gli hanno fatto eco i partiti del centrodestra italiano riuniti a piazza del Popolo, affermando che “tutte le vite contano” (leggi: “non soltanto quelle nere”, come se qualcuno avesse affermato il contrario) e che la destra sceglierà sempre “la libertà” contro i regimi islamici (l’Iran) e “comunisti” (Cina e Venezuela). Questa scelta della libertà si palesa ad esempio con il supporto incondizionato all’azione di Israele, senza se e senza ma.

“Se” e “ma” sembrano esclusi anche riguardo all’annunciata annessione unilaterale di una parte della Cisgiordania palestinese. La Cisgiordania fu invasa militarmente nel 1967 e da allora è occupata e colonizzata nella completa illegalità internazionale. “Libertà” anche di invadere, occupare e annettere terre e popolazioni straniere, quindi, a dispetto della legge? Dipende: vale per Israele in Palestina, ma non se la Cina mina l’autonomia di Hong Kong.

Ero un bambino quando fu annunciata la guerra del Golfo del 1991, e mi spiegarono che era una dimostrazione internazionale di giustizia, poiché si restituiva libertà al Kuwait invaso dall’Iraq. Quando poi l’Iraq fu invaso senza motivo dagli Stati Uniti, dodici anni più tardi (e l’Italia contribuì vergognosamente all’occupazione), l’Onu non condannò né Roma né Washington come aveva fatto con Baghdad.

Non ero più un bambino: avevo già scoperto che la Cisgiordania e Gaza erano occupate da decenni senza che nessuno muovesse un dito, ma molti miei coetanei non lo sapevano, perché con Forza Italia, la Lega e i precursori di Fratelli d’Italia al potere i palestinesi comparivano in televisione soltanto come “terroristi” e a Israele non venivano attribuite responsabilità storiche o politiche di sorta.

Bisognerebbe spiegare a certi difensori della libertà che se si vogliono tracciare linee nette tra il bene e il male in ambito geopolitico (e lo sconsiglierei), si dovrebbe prima spiegare ai palestinesi come l’idea che “tutte le vite valgono” si sposa con le attenzioni a dir poco diverse che essi ricevono rispetto agli altri.

Se la libertà vale quando è calpestata da un partito unico asiatico, deve valere anche quando lo è da una democrazia multipartitica asiatica, sebbene d’importazione coloniale europea; soprattutto se la si ritiene (a torto) giustificata nelle sue politiche da crimini commessi in passato, in Europa, da europei bianchi.

Nel mezzo secolo di occupazione della Cisgiordania l’esercito israeliano ha imposto un processo di insediamento, distruzione di proprietà e terre, frammentazione amministrativa e militare del territorio (anche con il Muro) tale da indurre il movimento sudafricano per i diritti civili a dichiarare che la Palestina attuale richiama alla memoria il sistema dei Bantustan in vigore in Sudafrica durante l’Apartheid.

Come se non bastasse, il piano di annessione concordato tra “Bibi Netanyahu e Trump prevedrebbe la deportazione forzata di migliaia di palestinesi da Israele in ciò che resterebbe della Cisgiordania: un mutamento demografico coatto che richiama alla memoria crimini del Novecento come lo “scambio di popolazioni” tra Grecia e Turchia del 1923 o tra India e Pakistan nel 1947.

Dubito però che – anche con il Pd e i 5stelle al governo – qualcuno abbia sentito parlare di questi aspetti dell’accordo, o di tali e altri inquadramenti storici, in televisione. L’indifferenza verso la minacciata annessione della Palestina è specchio di un’indifferenza più profonda e duratura, che pagheremo cara. Media e classi dirigenti sono responsabili di questa indifferenza da almeno vent’anni. Essa ha a che fare eccome con la lingua, la religione e il colore della pelle, ma soprattutto con l’assenza di effetti immediati del destino palestinese sul nostro destino.

Questa è in effetti la “libertà” dei sovranisti italiani e statunitensi contro il “fascismo di sinistra”, che abbatte le raffigurazioni di una mentalità “eroica” soltanto per loro: libertà di voltarsi dall’altra parte quando una violenza viene commessa; o di approfittarne, o di esserne complici; una “libertà” che si chiama vigliaccheria.

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