Serve un cambio di passo nel modo con cui affrontiamo la questione, la natura non è un mostro ma nemmeno una cartolina.

di Marco Galaverni *

A poche settimane di distanza, l’orso in Trentino fa di nuovo parlare di sé. Ma mentre nel primo caso un ragazzino ha dimostrato al mondo come comportarsi correttamente nel caso dei rari incontri con il plantigrado, lunedì scorso i due escursionisti-cacciatori se la sono vista davvero brutta, in un incontro ravvicinato che purtroppo è arrivato al contatto fisico e a qualche ferita.

Mentre auguriamo una pronta guarigione a padre e figlio, non possiamo non ricordare che la dinamica dei fatti ha ancora molti punti oscuri, che rendono prematura qualunque decisione sulle sorti dell’orso (e tantomeno il suo abbattimento, prontamente firmato dal Presidente della Provincia Autonoma, Maurizio Fugatti).

Ricordiamo che negli anni 90 l’orso sulle Alpi italiane era praticamente estinto, con appena tre orsi maschi rimasti. Per questo, Provincia e Parco dell’Adamello Brenta optarono per un ambizioso progetto di ripopolamento, trasportando una decina di orsi dalla Slovenia, ed evitando così il tracollo. Da allora, anche grazie ad una gestione oculata e ad un territorio ricco di risorse alimentari, il numero di orsi è salito fino agli 80-90 attualmente stimati. Ma non tutti i problemi che avevano portato alla sua scomparsa erano stati adeguatamente risolti.

Oltre a montagne, laghi e ricchi boschi, le zone di presenza dell’orso comprendono infatti paesi, aree agricole, impianti sciistici, e sono frequentate da decine di migliaia di turisti ogni anno, in ogni stagione e in ogni momento del giorno e della notte.

Mentre la Provincia di Trento con i suoi tecnici ha lavorato molto bene sul fronte del monitoraggio e della prevenzione dei danni (sebbene gli sforzi non siano stati sufficienti ad evitare situazioni come quella che hanno portato alla cattura di M49, l’orso “Papillon”), molto meno ha fatto negli ultimi anni sul fronte della comunicazione e della sensibilizzazione alla convivenza.

Una terra di presenza di orsi è una terra speciale, unica, che va conosciuta e raccontata come tale a chi ad ogni titolo la frequenta. È quindi fondamentale educare le nuove generazioni alla coesistenza con il plantigrado, organizzare incontri regolari con la popolazione per capire insieme problemi e opportunità, tappezzare alberghi, ristoranti e sentieri di materiale informativo su come comportarsi, in primis rimanendo sui sentieri, facendo sentire la propria voce, tenendo il cane al guinzaglio, non avvicinarsi per uno scatto fotografico, non lasciare cibo umano a disposizione degli orsi, parlare a voce alta e allontanarsi lentamente in caso di incontri ravvicinati, proprio come ci ha dimostrato il ragazzino coraggioso.

Ma purtroppo tutto questo viene regolarmente disatteso. Centinaia di escursionisti continuano a frequentare i boschi con cani slegati e abbandonano i sentieri, anche in zona di presenza regolare di femmine con i cuccioli.

Ma gli orsi non sono peluche, così come boschi e montagne non sono lo sfondo di una cartolina per turisti.

La natura è vera, grande, complessa, e proprio in questi mesi di pandemia ci siamo resi conto di quanto sia essenziale per la nostra vita, ma possa al contempo essere pericolosa per la nostra esistenza, se non trattata con consapevolezza e con rispetto.

Non è con una fucilata che si risolvono i problemi, mentre con il rispetto di semplici regole di comportamento possiamo ridurre enormemente il rischio che ci accada qualcosa di brutto, tanto per gli orsi quanto con le malattie emergenti.

Il Piano d’Azione per la Conservazione dell’Orso sulle Alpi (PACOBACE), a cui si appella il Presidente Fugatti per procedere senza remore all’abbattimento, va migliorato, riportandolo alla versione originale (modificata nel 2015 su richiesta della stessa provincia): non è possibile che si possa ricorrere all’abbattimento di un orso solo perché si avvicina ai paesi (in Abruzzo succede costantemente senza alcun caso di aggressione), causa qualche migliaio di euro di danni o perché una madre difende i propri piccoli da possibili intrusi. Gli abbattimenti sono e devono restare una extrema ratio solo e soltanto nei casi in cui la vita umana viene messa concretamente in pericolo, e anche in questo caso solo se non ci sono altre soluzioni praticabili.

E se davvero il numero di orsi venisse percepito come “eccessivo” per la zona (ma su quale base? Ecologica? Sociale? Politica?), si inizi a lavorare seriamente sulla connettività ecologica di porzioni di territorio ormai completamente trasformati dagli insediamenti umani, rinaturalizzando barriere quasi insormontabili come la valle dell’Adige per permettere la naturale espansione degli orsi verso altri territori idonei.

La coesistenza si garantisce solo lasciando maggiore spazio alla conoscenza e alla natura, ci cui noi stessi siamo parte: custodi, non dominatori.

E’ quello che chiede il WWF con questa petizione rivolta al Presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, e che vi invitiamo a firmare su change.org >> https://www.change.org/stopuccisioneorsi

* direttore scientifico WWF Italia

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