“La nostra battaglia parte da Bergamo, ma è per tutti gli italiani”. Si sono ritrovati insieme in Procura a Bergamo come avevano promesso e hanno presentato una quarantina di esposti per chiedere verità e giustizia per i loro familiari, tutti vittime di coronavirus. Una battaglia portata avanti dal comitato “Noi Denunceremo” fondato da Stefano Fusco e da suo padre Luca, come ha raccontato nei giorni scorsi il Fatto Quotidiano che ha approfondito alcune delle storie che finiranno all’attenzione della magistratura. “La molla per la fondazione del comitato è stata la morte di mio nonno da un giorno all’altro in una Rsa”, spiega Stefano Fusco che ha aperto un gruppo Facebook che oggi conta oltre 40mila adesioni. “È stato l’unico modo per poter condividere il proprio dolore perché erano rimaste da sole”, racconta la legale del comitato Consuelo Locati che sta preparando oltre duecento esposti. “Vogliamo che la magistratura indaghi sulle falle nella linea di comando – conclude Fusco – le falle non ci sono state tra gli operatori sanitari, medici e infermieri, ma nella linea di comando, e non ci fermeremo fino a quando non otterremo verità e giustizia”. Ha partecipato all’iniziativa anche Walter Semperboni, vicesindaco di Valbondione, che ha perso il padre: “Sono un amministratore di centrodestra – dice – e anche se la Regione è amministrata dal centrodestra, secondo me ha sbagliato”. “Non ci fermeremo finché qualcuno non ci dirà cos’è accaduto e perché è accaduto” conclude Fusco.

“Noi denunceremo” in pochi giorni ha raccolto migliaia di adesioni e di storie. Spesso con punti in comune: abbandono dei malati e dei familiari (senza tampone), nessun contatto dalle aziende sanitarie, mancanza di assistenza domiciliare, difficoltà di ricovero per i casi gravi. Fino al pronto soccorso di Alzano Lombardo. “Ancora oggi – raccontava Luca Fusco al Fatto alcuni giorni fa – mi rendo conto, quando sento gli amici di Milano che si lamentano per le chiusure, che chi non vive qui non può capire. Siamo stati sacrificati. Per interessi altri. Per incapacità. Per errori”.

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