“Questo piano non rispetta l’accordo del 4 marzo”. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, al Tg1, su ArcelorMittal. Il piano che Mittal ha presentato, precisa il ministro, “non riflette le volontà del Governo per Taranto. Patuanelli ricorda che “da settembre Mittal ha detto che prima c’era un problema per l’acciaio in generale, poi ha usato la scusa dello scudo penale ed oggi invece dice che il Covid avrà un effetto per ben tre anni sul mercato dell’acciaio. Io credo, invece, che bisogna ripartire dall’accordo del 4 marzo e continuare su quella strada”.

Patuanelli spiega che “coniugare ambiente e lavoro a Taranto è il programma di governo, che questo esecutivo vuole attuare. Riteniamo sia compatibile e pensabile un impianto moderno, nuovo, all’avanguardia, che diventi fiore all’occhiello d’Europa per la produzione dell’acciaio a ciclo integrato. Noi ci crediamo, ma vogliamo capire se anche la controparte ci crede”. Inoltre, aggiunge il ministro, “l’acciaio in Italia non è solo Taranto: il governo sta pensando a come accompagnare la filiera in questo momento di difficoltà. Pensiamo a Taranto, a Terni, Piombino, Genova: su tutto questo stiamo lavorando a un Piano nazionale per l’acciaio“.

Nel frattempo il governo ha convocato i sindacati, infuriati dopo aver conosciuto gli aspetti principali del nuovo piano lacrime e sangue presentato dal gruppo franco-industriale. L’incontro si terrà in videoconferenza il 9, martedì, parteciperà anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. L’azienda invece non ci sarà.

Rocco Palombella, leader della Uilm, i metalmeccanici della Uil, è furioso e parla di “ennesimo ricatto”. Arcelor, spiega, “chiede due miliardi di euro al governo italiano e contemporaneamente licenzia 3.300 dipendenti, straccia l’accordo del 2018 sul rientro a lavoro dei 1.700 di Ilva Amministrazione straordinaria, mette a forte rischio gran parte dei 7mila dell’indotto e l’intera siderurgia italiana. Non si deve permettere alla multinazionale di mettere per strada migliaia lavoratori e in ginocchio intere comunità, causando un disastro ambientale, occupazionale ed economico senza precedenti”. Palombella arriva a sollecitare la “cacciata” di ArcelorMittal. “ArcelorMittal deve essere cacciata immediatamente – conclude – e deve pagare tutti i danni che ha fatto in questi due anni e una penale elevata, non quella irrisoria prevista dall’accordo con il Governo del 4 marzo scorso. Ora una momentanea statalizzazione e poi un ingresso di investitori italiani che vogliano realmente rilanciare l’ex Ilva e salvaguardare ogni posto di lavoro: i dipendenti, i lavoratori in Amministrazione straordinaria e quelli dell’indotto”. L’opposizione nel frattempo ne approfitta per spostare il bersaglio: non l’azienda, per Forza Italia, ma il governo. “Inadeguato” secondo la capogruppo di Forza Italia Mariastella Gelmini. L’esecutivo, dice, non ha una visione strategica sulla siderurgia e sulla politica industriale”.

Va detto che la realtà degli ultimi 9 mesi racconta che il gruppo franco-indiano ha rimescolato le carte più di una volta. L’ultima venerdì, appunto, con il nuovo piano da 500 pagine che prevede 3200 esuberi e il mancato assorbimento di 1800 lavoratori che attualmente – e temporaneamente – sono rimasti in forza a Ilva in Amministrazione straordinaria, l’ultimo residuo della vecchia società. Insomma un programma che si discosta di quasi nulla dai 5mila esuberi immediati annunciati a marzo, quando già la proposta fu definita inaccettabile dal governo e dai sindacati. Tra le altre cose nel piano l’ipotesi di produzione ammonterebbe a 6 milioni di tonnellate, ridimensionata sensibilmente rispetto agli 8 previsti.

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