Il comunicato emesso dal ministero della Difesa della Repubblica slovena risolve un mistero, ma ne lascia aperto un altro. Non sono stati militari regolari dell’esercito di Lubiana a puntare i fucili contro due triestini al confine con l’Italia, in Val Rosandra. Ma siccome i nostri connazionali assicurano di essere stati affrontati da uomini in divisa, ecco che si affaccia l’ipotesi che possa essersi trattato di paramilitari, componenti di qualche ronda che batte i boschi alla ricerca di extracomunitari in arrivo dalla “rotta balcanica”.

La precisazione degli sloveni spiega che dopo aver verificato i registri dei pattugliamenti congiunti lungo il confine, dove l’esercito supporta gli interventi della polizia nel controllo del territorio, si può escludere che in quel momento fossero in servizio pattuglie di militari. Una coppia di triestini, con doppia nazionalità (italiana e slovena), tra le 10 e le 11 dell’8 maggio era stata fermata e poi rilasciata a Mihele, un pugno di case, con una trentina di abitanti, nel comune di Erpelle-Cosina. A darne notizia, sollevando un caso internazionale, era stato il quotidiano Primorski Dnevnik. Ma adesso i militari escludono la presenza di soldati e anche i registri della polizia locale confermerebbero quella versione.

Quando la notizia è apparsa sul giornale, dalla Farnesina è partita una richiesta di chiarimento inviata alle autorità diplomatiche di Lubiana, con l’invito alla “massima collaborazione tra le forze di polizia lungo il confine, anche al fine di velocizzare le indagini in corso circa il fermo dei due cittadini”. La conferma che non si trattasse di militari è venuta dal ministro della Difesa Matej Tonin, che ha elencato i compiti svolti dall’esercito nel pattugliamento del confine e precisato che solo i membri che hanno completato una formazione speciale per tali compiti sono inviati in missione a supporto della polizia.

La coppia triestina ha raccontato di essere stata fermata mentre svolgeva una passeggiata nell’area Erpelle-Cosina. “Fermi!” è stata la prima intimazione. Poi, in inglese, l’invito a sedersi: “Sit down!”. Le armi erano puntate contro i nostri connazionali. Ma quando hanno sentito che l’uomo di 32 anni che avevano fermato rispondeva in sloveno li hanno lasciati andare. “Cercavamo i “črni” (i neri, ndr)”), ovvero i migranti. Avrebbero detto, a modo di scusa.

E così prende quota l’ipotesi che si trattasse di un gruppo di gardisti, esponenti di estrema destra a caccia di migranti lungo i confini, che si vestono come i componenti dell’esercito, ma usano armi giocattolo per evitare di essere arrestati. Lo scorso anno venne diffuso un video in cui decine di questi estremisti marciavano nei boschi della Slovenia, muovendosi come un vero esercito. In Slovenia il tema è attuale, visto che il governo vorrebbe attribuire più poteri ai militari. Questi ultimi, nelle pattuglie miste, dipendono dalla Polizia. “Questa volta l’abbiamo scampata senza incidenti, ma la prossima volta potrebbe andare peggio” è il commento del segretario generale dei Socialdemocratici Dejan Levanič, che hanno preso l’occasione al balzo per chiedere le dimissioni del ministro competente.

(immagine d’archivio)

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