Un modo tutto nuovo di vivere i vecchi impianti sportivi. Perché mentre ci si prepara a terminare a porte chiuse ciò che resta dei campionati nazionali, i club di tutto il mondo sono già impegnati a immaginare il futuro dello sport dopo il coronavirus. Ed è chiaro a tutti che gli stadi dovranno essere ripensati. E se per qualche impianto si tratterà di un semplice maquillage, per altri si parla già di una ristrutturazione profonda. In questi giorni il Fenwick Iribarren, uno degli studi di architettura più importanti a livello internazionale, ha provato a immaginare come dovranno essere gli impianti post Covid-19.

Tutto si gioca su tre fronti: controlli, distanziamento, automatizzazione per evitare i contatti. La prima novità, dunque, dovrebbe riguardare proprio l’ingresso allo stadio, con i tifosi che potrebbero essere sottoposti al controllo della temperatura corporea e a uno scanner facciale in grado impedire l’ingresso alla partita alle persone maggiormente a rischio. Ma il cambiamento più netto dovrebbe riguardare la fruizione dell’impianto. La capienza potrebbe essere ridotta del 10-15%, in modo da garantire più spazio fra gli spettatori (anche se c’è da capire se il rimpicciolimento di uno stadio come il Camp Nou, che potrebbe passare da 100 a 85mila posti, garantirebbe effettivamente il giusto distanziamento fra gli spettatori), mentre una volta varcato l’ingresso tutto dovrebbe funzionare in base al concetto di no touch. Le porte dovrebbero aprirsi e chiudersi con un sistema di infrarossi, mentre tutti gli acquisti, dai prodotti ufficiali del club fino a cibo e bevande, dovrebbero essere effettuati via smartphone, in modo da evitare scambio di banconote e monete.

Ma è allo studio anche un’applicazione che permetta di eliminare le file ai bar o ai chioschi. E secondo quanto spiegato da Mark Fenwick all’agenzia Efe, si potrebbe pensare a un sistema capace di avvisare lo spettatore quando il suo ordine è pronto o che, al contrario, permetta a un inserviente di localizzare il cliente per consegnargli quanto richiesto. Stesso discorso anche per i bagni, che dovranno necessariamente essere autopulenti e con dei dispenser automatici di sapone. Tutte cose che già esistono nella maggioranza degli impianti, ma il cui funzionamento va avanti troppo a singhiozzo per rispettare gli standard minimi di igiene. Ovvio, dunque, domandarsi se un sistema simile potrebbe funzionare anche qui da noi.

Il dubbio è lecito, per due motivi. Per prima cosa il nostro calcio si gioca soltanto in 5 stadi di proprietà (Juventus, Sassuolo, Udinese, Atalanta e Frosinone). E se in questi impianti è il club a poter intervenire direttamente, resta difficile capire come i proprietari dell’impianto, per lo più i Comuni, potrebbero garantire la funzionalità di impianti che richiedono interventi di manutenzione continui, costosi e tempestivi. Servirebbero accordi trasparenti e sostenibili con i club che, stavolta, non possono ammettere ritardi come successo con l’applicazione della Legge Pisanu, che rendeva obbligatori tornelli all’esterno e sistemi di videosorveglianza all’interno dello stadio. In secondo luogo c’è da capire l’impatto della cancellazione del contante sui ricavi di una società all’interno del proprio impianto. Perché solo a luglio 2019, secondo uno studio condotto da Duepuntozero Doxa su commissione di PayPal, il numero di italiani che aveva effettuato almeno un acquisto online nel mese precedente non superava il 50%, mentre il 77% degli intervistati affermava di non voler nessuna intenzione di abbandonare il contante in favore di strumenti di pagamento elettronici.

Ma l’intervento di Fenwick Iribarren porta alla luce un altro aspetto interessante. Visto che molte società hanno costruito, o stanno costruendo, i propri impianti lontano dal centro città, bisognerebbe trovare un sistema in grado di bilanciare gli spostamenti su mezzi pubblici e privati. Treni, metropolitane e autobus dovrebbero adottare delle misure per garantire la salute dei propri passeggeri per non far ricadere tutti gli spostamenti sulle auto dei tifosi. Il fischio finale è ancora lontano, visto che per tutto il 2020 si dovrebbe giocare a porte chiuse. Eppure non cominciare a porsi queste domande già da oggi vorrebbe dire farsi trovare impreparati una volta arrivati al traguardo.

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