Botte e umiliazioni, senza neppure un accenno al coronavirus. Da quasi due mesi l’emergenza ha stravolto le vita dell’intero Paese, ma all’interno della casa di risposo Bell’Aurora, la pandemia più discussa al mondo era rimasta completamente sconosciuta. Una struttura fatiscente, portata avanti da operatori impiegati in nero e l’elenco degli ospiti mai consegnato al comune di Palermo. Nessuna protezionedistanziamento sociale e un lungo via vai di persone esterne alla gestione della struttura, ripresi dalle microspie, incuranti di ogni prescrizione prevista per il contrasto al virus.

Anche dopo il decesso di una signora di 86 anni, alla quale l’amministratrice Maria Cristina Catalano, arrestata insieme ad altre cinque persone accusate di maltrattamenti, “in più occasioni le aveva augurato la morte, ingiuriandola e malmenandola per le ragioni più banali”, ha scritto il gip di Palermo nell’ordinanza del blitz “Riposi Amari”. Sull’episodio i pm palermitani – aggiunto Sergio Demontis, sostituto procuratore Anna Battaglia – e la Finanza stanno ancora indagando contro ignoti per omicidio colposo.

“La Catalano, parlando con le altre inservienti si è vantata di essere intervenuta in prima persona riuscendo a rianimare la signora (dandole ossigeno, facendole un massaggio cardiaco, dandole farmaci), senza chiamare alcun soccorso medico”, scrive il gip Fabio Pilato. Era il 15 marzo e nel pomeriggio di quel giorno la donna – suocera del pentito di mafia Gaspare Spatuzza – accusò un ulteriore malore e, “chiamati questa volta i soccorsi, è deceduta lo stesso giorno al pronto soccorso di Villa Sofia”. Così un’indagine su una bancarotta fraudolenta ha finito per svelare un appartamento, definito un lager dai finanzieri, in cui “emerge con chiarezza il ruolo di vertice assunto dalla Catalano all’interno della struttura”. Ed era sempre lei a gestire “con ruoli di diritto o di fatto” le due società fallite nel corso degli anni per la quale è stato causato un buco di oltre un milione di euro. Tanto che nel maggio 2017 la Procura di Palermo (sostituto procuratore Francesca Dessì) aveva nominato un’amministratrice giudiziaria, che ha collaborato alle indagini della Finanza.

L’intera indagine riguarda dieci persone e l’amministratrice è accusata di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio, in concorso con la madre 82enne. In manette anche la socia Vincenza Bruno e quattro operatrici in nero e sprovviste di ogni qualifica per operare in ambito sanitario. Tra gli indagati anche Leonardo Firicano, compagno di Bruno (dipendente del comune di Palermo che durante l’orario di lavoro nell’ente, cercava di far quadrare i conti delle società), e Filippo Agostino, amministratore della ‘Bell’Aurora srl”, attuale società di gestione della casa di cura, accusato di essere una “testa di legno” di Maria Cristina Catalano. L’ultima informativa risale a sabato scorso e riguarda il tentato suicidio di una delle anziane ospiti nella struttura. La donna era “particolarmente presa di mira dalle inservienti della casa di riposo”. Ma nelle ultime registrazioni intercettate si vede che “l’anziana donna esasperata, dopo essersi lamentata di non sopportare più le vessazioni quotidiane, apre la finestra e fa il gesto di buttarsi dal balcone, riuscendo a mettere la gamba oltre la balaustra”. Tutto ciò di fronte alle inservienti “che hanno assistito alla scena con indifferenza”.

“Oltre alle violenze documentate, c’erano delle carenze sanitarie e bisogna aggiungere che il personale che operava all’interno della struttura non ha mai utilizzato alcun dispositivo di protezione previsto dai decreti sul coronavirus, nonostante lavorassero in ambiente chiuso e rischiando di dar vita a un focolaio in città”, dice il colonnello Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo che ha seguito l’operazione, coadiuvato anche dal personale del 118 e dell’Asp di Palermo. Nel corso del blitz soltanto uno dei dipendenti si trovava in servizio nella residenza, da stamattina affidata ad un nuovo team di operatori che si occuperanno dei dodici anziani ricoverati. “Una decisione raggiunta assieme alla Procura e tutte le istituzioni coinvolte, mirata a garantire il proseguo delle attività”, aggiunge Angelini.

L’ultimo ricovero nella casa di cura risale a domenica scorsa. La retta mensile pagata da ognuno dei dodici ospiti oscillava tra i 1000 e 1200 euro, ma molti erano stati dimenticati dalle proprie famiglie. “Gli anziani presenti hanno una diversa estrazione sociale, c’è chi ha difficoltà economiche, chi è già affidato a un tutore legale, ma ci sono anche profili della media borghesia come l’ex ferroviere o un’anziana donna con una famiglia abbiente alle spalle”, dice il colonnello Danilo Persano, capo ufficio operazioni del Nucleo di polizia economico finanziaria. “Ho piacere, ho piacere, come ha fatto, si doveva alzare con gli occhiali, ho piacere ma per me si può essere rotta tutta, ho piacere, ne mi sto interessando di quello che si è fatta perché non me ne frega niente”, diceva intercettata la titolare Catalano. “Ora con il legno te li do! visto che con la scarpa neanche li senti”, aggiungeva, raccontando alle colleghe “di aver impiccicata (appiccicato, ndr) proprio in faccia della signora, la spugna impregnata dei suoi escrementi”.

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