Lavorare nel parco divertimenti di Disney World doveva essere un sogno, invece per 200 ragazzi italiani si è trasformato in un incubo. “Sono stato cacciato dalla Florida durante un’esperienza che doveva essere la più bella della mia vita” racconta uno di loro, Federico Arca, su Facebook. Con la chiusura imposta dall’emergenza coronavirus infatti, la multinazionale dei cartoon ha deciso di sospendere “temporaneamente” i contratti di lavoro per 43mila dipendenti, tra cui anche 200 ragazzi italiani, andati a lavorare – a vario titolo – nei parchi del divertimento che ora sono rimasti bloccati in un Paese che ha di fatto annullato i voli.

Lo scorso 11 aprile, racconta Federico, i ragazzi hanno ricevuto una lettera in cui Disney World annunciava di aver “deciso di terminare il programma” tramite il quale erano arrivati a Orlando, in Florida, concedendo loro tempo fino al 18 aprile per lasciare i loro appartamenti: entro un mese avrebbero dovuto lasciare gli Stati Uniti. “Non c’è la possibilità fisica di tornare nel proprio paese”, sottolinea desolato Arca. La Farnesina ha assicurato di seguire da vicino il caso: il consolato d’Italia a Miami, insieme all’Unità di crisi e l’ambasciata italiana a Washington, è in costante contatto con i ragazzi per identificare itinerari utili per il rientro. L’ostacolo maggiore sono i tempi stretti per lasciare il paese e soprattutto la possibilità di trovare un volo che li riporti a casa, dopo la stretta sulle frontiere. “L’unica compagnia per la tratta Orlando-New York segnala che ogni volo è in overbooking o non confermato fino almeno al 19 aprile, noi dobbiamo lasciare casa il 18 mattina: siamo allo sbaraglio in una terra non nostra” scrive Arca, che vive a Pisogne, vicino Brescia. E conclude: “Il mio appello deve essere per l’Italia, per la mia nazione, che non voglio mi lasci in mezzo alla strada“.

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