La crisi causata dal Coronavirus dovrebbe “spazzare via il 6,7% delle ore di lavoro a livello globale nel secondo trimestre del 2020, pari a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno“. Lo scrive l’organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), agenzia dell’Onu, aggiornando in drammatico peggioramento la stima fatta solo 15 giorni fa, stando alla quale sarebbero stati a rischio 25 milioni di lavoratori. L’impatto “supera di gran lunga gli effetti della crisi finanziaria del 2008-2009″.

Oggi oltre quattro lavoratori su 5, ossia l’81% dei 3,3 miliardi di persone che rappresentano la popolazione attiva a livello mondiale, sono colpiti dalla chiusura totale o parziale dei luoghi di lavoro, stima il rapporto. “I lavoratori e le aziende stanno attraversando una catastrofe sia nelle economie maggiormente sviluppate sia in quelle in via di sviluppo”, commenta il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder. “Dobbiamo agire rapidamente, insieme e con determinazione. Delle buone misure per far fronte all’emergenza possono fare la differenza tra sopravvivenza e collasso”.

Addirittura “circa 1,25 miliardi di lavoratori sono occupati nei settori identificati come ad alto rischio di incremento drastico e devastante dei licenziamenti e delle riduzioni dei salari e dell’orario di lavoro”. Molti di questi, sottolinea l’Ilo, “occupano lavori poco qualificati e poco retribuiti. Un’improvvisa perdita di reddito può rivelarsi devastante”.

La proporzione di questi lavoratori che operano in questi settori “a rischio” (tra i quali figurano alberghiero e ristorazione, industria manifatturiera, vendite al dettaglio e attività commerciali e amministrative) varia dal 43% nelle Americhe al 26% in Africa. Per l’Ilo sono necessarie “misure integrate su larga scala” che siano incentrate su quattro pilastri: sostegno alle imprese, all’occupazione e ai redditi; rilancio dell’economia e dell’occupazione; protezione dei lavatori; instaurazione di un dialogo sociale tra governi, lavoratori e datori di lavoro per trovare le soluzione giuste.

Per Ryder, “si tratta della più grande prova per la cooperazione internazionale da oltre 75 anni. Se un paese crolla allora crolleremo tutti. Dobbiamo trovare delle soluzioni che aiutino tutti i segmenti della nostra società livello globale e in particolare quelli che sono maggiormente vulnerabili o meno in grado di aiutare se stessi”. Le scelte che facciamo oggi “avranno un impatto diretto su lo svolgimento di questa crisi e sulla vita di miliardi di persone. Prendendo le misure giuste possiamo limitare l’impatto e attenuare le ripercussioni che lascerà. Dobbiamo ricostruire meglio affinché i nostri sistemi siano più sicuri, più equi e più sostenibili”.

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