“Io vorrei pregare oggi per tutte le persone che soffrono una sentenza ingiusta per l’accanimento”. Arriva da Papa Francesco il primo commento, seppure non esplicitamente, al proscioglimento del cardinale George Pell dall’accusa di pedofilia deciso all’unanimità dai sette giudici dell’Alta Corte australiana. “In questi giorni di Quaresima – ha affermato Bergoglio – abbiamo visto la persecuzione che ha subito Gesù e come i dottori della legge si sono accaniti contro di lui: è stato giudicato sotto accanimento, con accanimento, essendo innocente”. Poche parole pronunciate all’inizio della consueta messa mattutina nella cappella della sua residenza, Casa Santa Marta. Ma altamente significative perché arrivano a poche ore da una sentenza che in Vaticano ha fatto decisamente tirare un sospiro di sollievo.

Pell, infatti, era stato condannato in primo e secondo grado a sei anni di carcere per pedofilia. Da tredici mesi era rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Barwon in seguito alle sentenze che lo avevano riconosciuto colpevole di abusi sessuali nei confronti di due coristi tredicenni nella sagrestia della cattedrale di Melbourne, nel 1996, quando era vescovo ausiliare della diocesi. Fino a pochi mesi prima della condanna di primo grado, il porporato australiano, che è ancora elettore in un eventuale conclave, è stato un uomo chiave del Vaticano come prefetto della Segreteria per l’economia e membro del Consiglio di cardinali che ha aiutato Francesco nella riforma della Curia romana. Il primo frutto del lavoro delle riforme fu proprio la nascita della Segreteria per l’economia, un autentico super ministero finanziario che il Papa decise di affidare a Pell, che così lasciò la guida dell’arcidiocesi di Sydney e si trasferì a Roma. Ma anche nella Città eterna il cardinale si fece subito notare per la sua vita decisamente poco sobria: mezzo milione di euro spesi in soli sei mesi. Il conto del “moralizzatore del Vaticano”, che Francesco ribattezzò il “ranger” per i suoi modi di fare abbastanza decisi, lasciò tutti senza parole. Intervenne direttamente il Papa che chiese al porporato di ridurre drasticamente il suo tenore di vita.

Alla vigilia del processo di primo grado per pedofilia, Bergoglio congedò Pell dai suoi incarichi nella Curia romana affinché potesse tornare in Australia e difendersi. Unanime fu la prima condanna decisa dai dodici membri della giuria della County Court dello stato di Victoria. E per il cardinale si aprirono le porte del carcere di massima sicurezza e l’isolamento. Non andò così nel secondo grado che vide due giudici favorevoli alla condanna contro uno che, invece, si espresse per l’assoluzione del porporato. È stato proprio grazie a questa mancanza di unanimità che Pell ha potuto ricorrere all’Alta Corte che lo ha definitivamente prosciolto con il voto favorevole di tutti i sette giudici. Per i magistrati, infatti, c’è una ragionevole possibilità che il reato non sia avvenuto e che quindi ci sia una significativa possibilità che una persona innocente possa essere stata condannata.

“Ho costantemente sostenuto la mia innocenza – ha affermato il cardinale commentando il proscioglimento – mentre subivo una grave ingiustizia. Ciò è stato risolto oggi con la decisione unanime dell’Alta Corte. Non vedo l’ora di leggere la sentenza e le ragioni della decisione in dettaglio. Non ho nessuna cattiva volontà nei confronti dell’accusatore, non voglio che la mia assoluzione aumenti il dolore e l’amarezza che molti provano. Ci sono sicuramente abbastanza dolore e amarezza. Comunque il mio processo non è stato un referendum sulla Chiesa cattolica, né un referendum su come le autorità della Chiesa in Australia hanno affrontato il crimine della pedofilia nella Chiesa. Il punto era se avevo commesso questi terribili crimini e non l’ho fatto”.

Per il porporato “l’unica base per la guarigione a lungo termine è la verità e l’unica base per la giustizia è la verità, perché giustizia significa verità per tutti. Un ringraziamento speciale per tutte le preghiere e le migliaia di lettere di supporto. Voglio ringraziare in particolare la mia famiglia per il loro amore e il supporto e per quello che hanno dovuto fare attraverso la mia piccola squadra di consulenti, quelli che hanno parlato per me e hanno sofferto e tutti i miei amici e sostenitori qui e all’estero. Inoltre i miei più sentiti ringraziamenti e la mia gratitudine a tutto il mio team legale per la loro ferma determinazione nel far prevalere la giustizia, gettare luce sull’oscurità fabbricata e rivelare la verità. Infine, sono a conoscenza dell’attuale crisi sanitaria. Sto pregando per tutte le persone colpite e il nostro personale medico in prima linea”.

Il presidente della Conferenza episcopale australiana, l’arcivescovo Mark Coleridge, ha affermato che la decisione dell’Alta Corte sarà accolta con favore da coloro che credono nell’innocenza del cardinale, mentre sarà devastante per gli altri. Quindi ha ribadito l’impegno incrollabile della Chiesa per la sicurezza dei bambini e per una risposta efficace ai sopravvissuti e alle vittime di abusi sessuali su minori.

Il cardinale ha sempre sottolineato la sua speranza che il processo giudiziario gli avrebbe dato “l’opportunità di pulire il mio nome e tornare al mio lavoro a Roma”. Ma i tempi della giustizia si sono allungati e il mandato di Pell al vertice della Segreteria per l’economia della Santa Sede è terminato il 24 febbraio 2019, allo scadere del quinquennio della nomina. Al suo posto Francesco ha scelto il sacerdote gesuita spagnolo Juan Antonio Guerrero Alves. Ma dopo il proscioglimento di Pell, in molti in Vaticano chiedono che il cardinale sia riabilitato. Anche se sembra impossibile che, sulla soglia dei 79 anni, il porporato possa tornare a Roma anche solo per godersi la pensione. Al momento, infatti, Pell è determinato a ritirarsi in un convento di Melbourne.

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