Mentre la Cina riparte, Usa e Ue crollano senza paracadute. Le previsioni sull’impatto del coronavirus sulle economie mondiali vengono aggiornate ogni giorno e la forchetta resta ampia, ma una pesantissima recessione è sicura. E gli effetti sul mercato del lavoro sono già nei numeri: a marzo il tasso di disoccupazione degli Stati Uniti è salito al livello record del 4,4%. Un valore basso se confrontato ai livelli europei, ma per gli Usa è il più alto dalla fine degli anni Cinquanta, quando si attestava intorno al 3,5%.

Secondo Morgan Stanley, il 2020 segnerà per l’economia statunitense la peggiore recessione dal dopoguerra, con il Pil giù del 5,5%. La banca d’affari americana ha ridotto le previsioni del primo trimestre a -3,4% annualizzato, mentre nel secondo trimestre l’economia dovrebbe ridursi del 38%, rispetto a una precedente previsione di una contrazione del 30%. E la disoccupazione potrebbe toccare un picco record del 15,7% nel secondo trimestre. Più “ottimistiche” le stime di S&P secondo cui la contrazione del pil dovrebbe fermarsi all’1,3% e il tasso di disoccupazione raggiungerà il 10% nel secondo trimestre.

Intanto sull’altra sponda dell’Oceano il dato sull’indice pmi (purchasing managers index) composito dell’Eurozona, che monitora l’andamento dell’attività manifatturiera e dei servizi nell’Eurozona, è crollato a marzo ai minimi storici di 29,7, peggio della stima flash di 31,4. Un valore che fa temere una contrazione annuale del pil di circa il 10% “e che inevitabilmente andrà peggiorando nel prossimo futuro”, secondo Chris Williamson, Chief Business Economist di Ihs Markit che calcola l’indice. “Se i livelli occupazionali non sono ancora precipitati tanto quanto ai tempi della crisi finanziaria, nei prossimi mesi assisteremo senz’altro ad un forte incremento della disoccupazione, anche se i governi dell’eurozona stanno cercando di limitarne la portata”.

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