Il Coronavirus ha momentaneamente cambiato le abitudini degli italiani e stravolto i numeri delle vendite di alcuni prodotti, mettendo le aziende davanti alla necessità di rispondere in modo adeguato. Volano, sia per l’Italia che per l’esportazione, le richieste di farina e pasta, come quelle delle conserve di pomodoro, solo per fare alcuni esempi. Il lievito è quasi introvabile persino nella grande distribuzione organizzata, che continua a reggere il colpo, nonostante sia messa a dura prova dai picchi nelle vendite registrate soprattutto negli ultimi tre fine settimana. “Conosco un panificio molto noto – racconta a ilfattoquotidiano.it il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio – che prima caricava 100 tir al giorno e ora ne carica 300”. Di esempi ce ne sono tanti: in alcuni settori le richieste sono aumentate per tutti. E se alcune aziende raddoppiano i guadagni perché ne hanno i mezzi, non tutte sono in grado di rispondere alla crescente domanda.

DALLE MAGGIORI RICHIESTE… – Quella di pasta abruzzese De Cecco è cresciuta del 25% tra febbraio e marzo, tanto che gli stabilimenti di Fara e Ortona hanno sfornato 70mila tonnellate di pasta in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, per un totale di 340mila tonnellate. Ma le linee di produzione sono sotto pressione. “Nei primi tre mesi dell’anno abbiamo registrato un incremento notevole delle vendite rispetto al pari periodo del 2019” spiega a ilfattoquotidiano.it Giorgio Lecchi, direttore industriale del Gruppo Mutti. Questa variazione positiva è generata, in gran parte, dal canale retail e, quindi, dalle vendite alla Gdo, mentre ovviamente rallenta il canale Horeca che comprende hotel, bar e ristoranti. “Aumentano ordini e spedizioni – continua – con un conseguente maggior volume da gestire, che ha impattato su tutta l’organizzazione della filiera logistica aziendale, sia interna che esterna”. L’incremento delle attività è stato gestito adeguando gli orari di lavoro e il numero di risorse necessarie. “Dal punto di vista produttivo – aggiunge Lecchi – siamo invece intervenuti rimodulando i programmi in funzione dei prodotti maggiormente richiesti, comunque avendo molte linee produttive in funzione, più del solito se consideriamo il periodo per noi di fuori stagione. La nostra produzione, infatti, si concentra essenzialmente nel periodo estivo, in linea con la stagionalità del nostro prodotto”.

…GLI AUMENTI AI DIPENDENTI Guanti, mascherine (“compatibilmente con la scarsa reperibilità”), ingressi scaglionati, colonnine con gel disinfettante, misurazione della temperatura corporea, turni ad hoc e smartworking per tutti i dipendenti che possono e istituzione di un Comitato Covid19, sono alcune delle misure prese per la sicurezza dei lavoratori. Il gruppo Mutti, oltre all’attivazione di una copertura assicurativa extra, ha disposto poi una maggiorazione del 25% sulla retribuzione di coloro che, anche in questi giorni stanno permettendo all’azienda la continuità produttiva. Lo ha fatto anche il pastificio veronese Giovanni Rana, aumentando lo stipendio ai suoi 700 dipendenti del 25% per ogni giorno lavorativo e concedendo un ticket mensile straordinario di 400 euro per supportarli nel pagamento delle spese di babysitting.

COSA SI VENDE DI PIÙ – Le analisi condotte da Nielsen sui giorni dal 16 al 22 marzo confermano per la quarta settimana consecutiva la crescita delle vendite della Grande distribuzione organizzata ed evidenziano i tre effetti che stanno guidando gli acquisti degli italiani: l’effetto stock, l’effetto ‘prevenzione e salute’ e l’effetto ‘resto a casa’. Per quanto riguarda la necessità di fare la scorta, volano soprattutto le vendite di farina (+186,5%), conserve rosse (+50,8%), burro (+79,7%), riso (+37,9% dopo il +71,2 della settimana precedente), pasta (+22,6% dopo il +65,3 della settimana prima), latte a lunga conservazione (+34,1, era 62,2% la settimana prima), uova (+53,7%). Aumenta in modo esponenziale, dunque, la vendita di prodotti essenziali per chi, alle prese con un isolamento obbligato in casa, si cimenta nella preparazione di pizze, rustici, torte e dolci di vario genere. Il secondo effetto, quello dovuto alla richiesta di prodotti che aiutino a proteggere dal contagio, ha portato a record assoluti nelle vendite di alcuni articoli: in primis guanti (+263,7%), salviettine umidificate (+68,6%), alcol denaturato (+116,4%). Infine, c’è l’effetto “resto a casa”: si vendono più affettati (+28,1%), mozzarelle (+44,6%), patatine (+25,7%), ma anche il cosiddetto ‘comfort food’, come spalmabili dolci (+61,3%) e pizza surgelata (+45,7%).

L’EMERGENZA CON IL CANTIERE APERTO – A Predazzo (Trento), in Val di Fiemme, il pastificio Felicetti ha appena affrontato un investimento da 35 milioni di euro (anche con la collaborazione delle istituzioni locali) con il quale si prevede di raddoppiare la capacità produttiva dagli attuali 22mila a 44mila tonnellate di pasta l’anno, attraverso la realizzazione di un nuovo stabilimento nella vicina Molina di Fiemme. Un investimento che, se da un lato ha aiutato l’azienda nell’emergenza (sono stati partite alcune delle assunzioni previste per il sito ancora in cantiere), “dall’altro – spiega a ilfattoquotidiano.it Riccardo Felicetti, che gestisce l’impresa di famiglia insieme a due cugini – se tutto questo fosse accaduto l’anno prossimo, saremmo stati più preparati”. Il nuovo sito, infatti, doveva essere pronto fra qualche mese e la nuova produzione sarebbe partita entro la fine dell’anno. “Stiamo facendo il possibile, ma è da febbraio che le richieste si sono moltiplicate – spiega Felicetti, presidente dei Pastai italiani – prima da Cina, Giappone e Corea, poi sono arrivate sollecitazioni da Italia, Germania, Regno Unito e ora si sono aggiunti anche gli Usa. Per tutti la pasta è considerata un ‘bene rifugio’, per una serie di ragioni, che vanno dalla possibilità di conservarla a lungo alla facile fruibilità”. Per l’azienda, d’altronde, l’export rappresenta il 70% circa del fatturato da 37 milioni di euro e, oggi, in generale, le richieste sono triplicate rispetto al solito.

FELICETTI: “IL FLUSSO DA ACCAPARRAMENTO NON È SOSTENIBILE” – Questo non vuol dire che si riesca a far fronte all’aumento di ordini. “Eravamo già saturi ed è per questo che abbiamo deciso di costruire un nuovo stabilimento. Sarebbe stato diverso se fosse stato avviato. Stiamo facendo il possibile per gestire tutti i clienti, in modo da garantire i rifornimenti – spiega Felicetti – ma un flusso di ordini da accaparramento non è sostenibile”. Di fatto il fatturato non si è triplicato, ma è aumentato di circa il 10 per cento. “Abbiamo assunto le prime 15 persone previste per il nuovo stabilimento, così da gestire meglio i turni e le macchine lavorano h24 e sette giorni su sette, anche grazie a mugnai e autotrasportatori – aggiunge – che garantiscono i rifornimento di semola, cartoni e tutti i prodotti della filiera”. Ed è proprio per la filiera che si teme. “Se i benzinai scioperano o si ferma la fabbrica che produce la molla di una pressa impastatrice – sottolinea – io quella macchina la devo fermare”.

LA GESTIONE DELL’EMERGENZA IN AZIENDA – Ma come si sta facendo fronte a questa situazione sul fronte della sicurezza? “Già a febbraio – spiega l’imprenditore – abbiamo iniziato a programmare un aumento delle procedure di sicurezza interne all’azienda. Da questo punto di vista, le imprese alimentari sono privilegiate, perché già in condizioni normali devono prevedere rigide procedure di sicurezza per il prodotto e gli operatori sono formati”. Basti pensare all’utilizzo di mascherine, guanti e camici supplementari. “Abbiamo le scorte – racconta Felicetti – e questo ci ha consentito di non dovere andare alla rincorsa di queste protezioni, anche se tutto finisce. Stanno arrivando, infatti, attraverso Confindustria Trento, altre 2mila mascherine”. Lavorano con lo smart working tutte le professionalità non operative nello stabilimento. “Abbiamo costituito dei team in azienda per gestire un numero più limitato di persone per ogni turno di lavoro, cercando di garantire la produzione senza aumentare il rischio per il prodotto e per i nostri lavoratori” aggiunge l’imprenditore. Si è così passati da 80 persone attive su tre turni a 15 per turno. “Lavorano in uno stabilimento di 6mila metri quadrati coperti – sottolinea Felicetti – divisi per quattro aree (controllo qualità, produzione, confezionamento e magazzino e spedizione). Parliamo di spazi molto ampi tra le persone, con tutti i dispositivi di sicurezza personale a disposizione”.

L’EXPORT CHE RALLENTA – Per quanto riguarda l’export, poi, il discorso è ancora di più legato anche alla logistica. “I parchi macchina delle aziende di autotrasporto sono ridotti del 30%, mentre il fatto che ci sia meno merce da trasportare (eliminati i prodotti delle industrie non strategiche) fa aumentare i costi perché si fanno viaggi con i camion vuoti” spiega Felicetti. A ilfattoquotidiano.it il presidente di Federalimentare Vacondio spiega che, nonostante la Commissione europea abbia stabilito che le merci debbano circolare in Ue, “c’è stato qualche rallentamento nel trasporto su gomma, a causa dei controlli alle frontiere”. Questo significa che le produzioni non arrivano all’estero? “Mi sono arrivate segnalazioni dal Regno Unito – racconta Vacondio – riguardo a ritardi nell’arrivo di alcune produzioni”. Tutto questo, in concomitanza con la corsa ai supermercati che si è scatenata anche in Gran Bretagna, dopo l’introduzione di misure più restrittive. Sono andati a ruba prodotti a lunga conservazione, come pasta e passata di pomodoro, che devono arrivare proprio dal nostro Paese e che sono venuti a mancare sugli scaffali dei supermercati.

MA NON SI FERMA – “Arriverà tutto – spiega Vacondio – anche se un po’ in ritardo rispetto al solito e questo è dovuto proprio al rallentamento del trasporto su gomma”. Ma è solo una questione logistica a provocare questi rallentamenti? “Diciamo che la corsa ai supermercati (e siamo alla terza settimana) non aiuta – commenta il presidente di Federalimentare – ed è per questo che lancio un appello i consumatori. Ad oggi riusciamo a tenere il passo, ma queste corse mettono sotto stress non solo industriali e imprenditori, ma tutti, dai dipendenti alle cassiere”. E se si riesce a tenere il passo delle produzioni alimentari “il rischio – spiega Vacondio – è di registrare qualche difficoltà sul resto della filiera”.

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