Per la prima volta, dopo 75 anni, è stata decisa la cancellazione del torneo di Wimbledon. L’ultima volta, tra il 1940 e il 1945, a far saltare l’appuntamento più prestigioso del mondo del tennis furono gli eventi che caratterizzarono la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, invece, a costringere l’All England Club a porre uno stop allo Slam sull’erba è l’emergenza Covid-19. L’edizione di quest’anno si sarebbe dovuta giocare tra il 29 giugno e il 12 luglio. E insieme a Wimbledon salterà tutta la stagione sull’erba.

La decisione era nell’aria, mancava soltanto l’ufficialità. Nei giorni scorsi sulla possibilità che il Major londinese potesse subire una cancellazione si era espresso anche Dirk Hordorff, vicepresidente della Federtennis tedesca e membro di rilievo di Atp e Wta: “Wimbledon ha le sue regole, dovute all’erba e alle ore di luce. Giocare in settembre o ottobre, quando nessuno sa se è possibile giocare sull’erba, e con le attuali restrizioni sui viaggi internazionali, è totalmente irrealistico”. “Wimbledon però è stato l’unico Slam che anni fa è stato abbastanza previdente da assicurarsi contro la possibilità di una pandemia – ha precisato Hordoff –, quindi i danni economici per il torneo, che comunque ha sufficienti riserve per parecchi anni a venire, saranno ridotti al minimo”.

Sono state quindi scartate tutte le ipotesi sul tavolo per salvare il torneo nato nel 1877. Giocare a porte chiuse non è stata mai una soluzione realmente presa in considerazione. L’ultima ipotesi era quella di un rinvio a inizio agosto, approfittando delle due settimane lasciate libere dalle Olimpiadi di Tokyo tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. Anche in questo caso, le difficoltà sarebbero state molteplici. Tra queste: la manutenzione fuori stagione dei campi in erba e la prospettiva di dover organizzare ben tre Slam nel giro di un mese e mezzo (Wimbledon, Us Open e Roland Garros).

Anche la competizione parigina, riprogrammata dalla Federazione francese tra il 20 settembre e il 4 ottobre, non è certa di vedere la luce. La scelta di spostare lo Slam sulla terra rossa ha sollevato, infatti, diverse polemiche nel mondo del tennis, sia tra i giocatori che tra i dirigenti. Il canadese Vasek Pospisil, numero 93 del ranking, ha definito “irresponsabile ed egoista” la scelta del torneo parigino. L’Atp avrebbe addirittura minacciato di togliere i punti della classifica al Roland Garros (il vincitore del torneo ne porta a casa ben 2.000) per le edizioni del 2020 e 2021. Un punto d’incontro tra Atp e federazione francese potrebbe essere lo svolgimento del torneo nel mese di ottobre.

Comincia invece a essere preoccupante la situazione degli Us Open. Il torneo è fissato dal 31 agosto al 13 settembre ma la crescita esponenziale dei casi di coronavirus a New York e in tutti gli Stati Uniti non lasciano presagire niente di buono. Nel caso di una cancellazione si tratterebbe della prima volta nella storia del torneo newyorkese. La competizione, infatti, non si fermò nemmeno negli anni della Prima e Seconda Guerra Mondiale. In attesa di una decisione sulla sorte dell’ultimo Slam della stagione, il campo centrale di Flushing Meadows, l’Arthur Ashe, è stato adibito ad ospedale Covid-19, con la possibilità di ospitare 350 posti letto. Lo stadio verrà utilizzato anche per distribuire pasti durante l’epidemia.

E gli Internazionali d’Italia? Per l’appuntamento romano si potrebbe arrivare a una riprogrammazione. Il sito ufficiale del torneo ha diffuso un comunicato che apre a questo scenario: “La Fit e Sport e Salute, assieme impegnate nell’organizzazione del torneo di Roma, stanno collaborando con le suddette organizzazioni al fine di determinare se sia possibile riprogrammare gli Internazionali Bnl d’Italia in una nuova data nella seconda parte dell’anno”. “Differentemente – continua la nota – da quanto avvenuto in altre sedi e nell’interesse del movimento tennistico, dei fan e degli altri stakeholder del torneo, gli Internazionali Bnl d’Italia non sono stati oggetto di cancellazione, bensì di temporanea sospensione”.

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