Era la provincia italiana meno colpita dal coronavirus, Benevento, fino a venerdì scorso. Solo 14 casi, a fronte dei circa 1500 nel resto della Campania: come se l’atavico isolamento territoriale e infrastrutturale fosse passato dall’essere problema a risorsa per il Sannio. “Siamo la provincia più bianca sulla mappa”, soleva ripetere il sindaco Clemente Mastella. Fino a venerdì, appunto, quando in una casa di cura privata del capoluogo, Villa Margherita del gruppo Santo Stefano, è scoppiato un focolaio.

Qualche audio era circolato nei giorni precedenti e il management dell’azienda si era affrettato a smentire, minacciando querele. Venerdì pomeriggio poi carabinieri, finanza e polizia hanno bloccato gli accessi alla struttura ai parenti dei pazienti e a tutti gli esterni. In serata è arrivata la doccia fredda dell’esito dei tamponi: 53 contagiati tra personale e pazienti, 53 tamponi positivi su 81 effettuati in struttura. Un numero che ha creato il panico tra Benevento e provincia: si è passati da 14 casi a quasi 70 totali in un giorno.

Si è ingenerata la paura: provincia piccola, difficile trovare qualcuno che non abbia un parente che sia passato di lì, un amico che abbia fatto visita a qualche degente, un amico di un amico che ci lavora e così via. E poi la rabbia, di cittadini che vedono vanificati i sacrifici, il rispetto delle regole.

Ma come si è arrivati a trasformare in focolaio una struttura privata che si occupa perlopiù di riabilitazione e dunque non è esposta ai rischi di un ospedale? Secondo le ricostruzioni di Asl, management aziendale e sindacati, il contagio sarebbe partito da un anziano arrivato in struttura il 10 marzo da un’altra clinica di Avellino (provincia limitrofa molto colpita dal virus). Il 23 marzo lo stesso anziano è stato trasferito in ospedale a Benevento per insufficienza respiratoria, rivelandosi poi positivo al Covid-19.

Dalla direzione e dall’Asl si sono affrettati a chiarire: “Tutte le procedure sono state rispettate”. Di fatto però durante la permanenza di 12 giorni del paziente proveniente da Avellino si sono infettate 53 persone. Forse 12 giorni sono troppi per parlare di casualità. Il timore è che da quei 53 contagi possa deflagrare la bomba all’esterno con parenti dei degenti, operatori che lavorano anche privatamente. Ciò al netto delle procedure che sono state attivate, si vedrà se in tempo oppure tardi.

Una situazione da monitorare attentamente: il San Pio di Benevento, ospedale di riferimento di un territorio che dal punto di vista sanitario non è la Lombardia, ha circa 40 posti dedicati all’emergenza Covid e ad oggi, secondo l’ultimo bollettino dello stesso ospedale, 28 sono quelli già occupati.

Quella di Benevento però non è l’unica provincia della Campania dove case di cura e strutture private per anziani si sono trasformate in focolaio. Ci sono 52 contagiati in una casa di riposo a Madonna dell’Arco, in provincia di Napoli. Poi il caso di Ariano Irpino, primo comune “chiuso” dal governatore Vincenzo De Luca, dove c’è una casa di cura blindata, come Villa Margherita, con 60 anziani all’interno, tre ospiti deceduti in poche ore e due tamponi post mortem che hanno dato esito positivo.

Tornando a Benevento, il problema sanitario si unisce a quello della tenuta sociale: il Sannio ha un tessuto economico fragilissimo, essendo un’area interna del sud, e il blocco prolungato ha da un lato acuito le numerose difficoltà già esistenti, dall’altro ne ha create di nuove per chi lavorava in attività che si sono dovute fermare. “Il rischio collera sociale è forte e sono molto preoccupato”, aveva dichiarato il sindaco Mastella. Che aveva anche invitato gli affittuari a non pagare, per poi correggere il tiro rivolgendosi ai locatori e suggerendogli di non chiedere soldi in questo periodo e invitando alla solidarietà sociale: “Chi ha di più dia a chi ha di meno”. Tensione alimentata anche dal passaggio dalla quasi immunità al focolaio in mezza giornata, dai 14 casi di venerdì ai 70 di oggi, sparsi su tutto il territorio provinciale.

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