di Lelio Bizzarri *

L’assistenza alle persone con disabilità e alle persone anziane è un’attività essenziale. Non lo dicono solo i diretti interessati. Ad affermarlo è stato il Presidente del Consiglio dei Ministri che con il Dpcm del 22 marzo 2020 ha elencato le attività che devono essere garantite. Il Decreto ha fatto salve tutte le forme di assistenza anche durante la gestione dell’emergenza Coronavirus: l’attività del personale sanitario (medici, psicologi, infermieri, fisioterapisti, ecc.,); l’assistenza domiciliare e residenziale, ivi compresa quella fornita in forma indiretta per il tramite dell’assunzione di collaboratori domestici e badanti, nonché l’attività degli educatori professionali.

Basterebbe questo per comprendere quanto siano importanti le funzioni svolte da queste figure professionali per la salute e la sopravvivenza stessa di persone con disabilità e dei familiari.

Affermare, però, che l’attività assistenziale non si deve fermare a causa delle restrizioni di movimento imposte dal contrasto al Covid-19 non basta. Bisogna creare le condizioni perché detti servizi vengano erogati continuativamente, altrimenti il rischio è quello di far esplodere un’emergenza psicosociale nell’intento di gestire quella pandemica.

Se in tempi di gestione ordinaria ci si lamentava da più parti che l’insufficienza del supporto assistenziale metteva a rischio la salute e la qualità della vita di persone con disabilità e familiari, ora che, l’emergenza Covid-19 ha imposto la sospensione delle attività dei centri diurni e delle strutture residenziali, senza adeguati e tempestivi correttivi, si moltiplicheranno le situazioni di abbandono e di sovraccarico assistenziale per le famiglie.

Si pensi alle persone completamente dipendenti per ogni atto della vita quotidiana, a quelle con minorazione plurima che necessitano di una sorveglianza continuativa dei parametri vitali, alle persone con disabilità psichiatrica o a quelle con deficit intellettivo, demenza o disturbi dello spettro autistico che presentano anche iperattività, condotte di fuga, autolesionismo e difficoltà nel controllo dell’aggressività. Si pensi, infine, alle persone non autosufficienti che non hanno familiari che possono prendersi cura di loro perché venuti a mancare o perché troppo anziani.

Per tutte queste persone devono scattare misure immediate di compensazione del supporto che trovavano nei centri diurni e nelle residenze sanitarie, le cui attività sono state sospese per l’evidente impossibilità di garantire le condizioni per la prevenzione del contagio. Il decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 ha stabilito la possibilità di attivare interventi, indifferibili, nei luoghi delle attività sospese oppure presso il domicilio degli utenti. Ci sono, tuttavia, alcuni problemi organizzativi che devono essere affrontati perché questo intento non rimanga lettera morta.

Il primo è il rapporto operatori-persone con disabilità. In un centro diurno di solito è di 1 operatore per 5 utenti (o anche di più). L’attuazione di interventi domiciliari comporta inevitabilmente la necessità di ampliare il numero di operatori per consentire agli utenti di poter avere un operatore a domicilio almeno per una porzione del tempo che di solito passava nella struttura. Va da sé che si rende necessario immettere risorse economiche al fine di consentire alle cooperative appaltanti e alle famiglie di assumere personale, anche temporaneamente, per rendere possibile l’implementazione di un servizio che inevitabilmente deve essere più capillare.

Il secondo è quello di dotare gli assistenti di presidi sanitari atti a prevenire il contagio. Ciò a tutela della loro salute, di quella delle persone che assistono e dei familiari. Nonché è fondamentale fornire l’accesso ai tamponi in via prioritaria per monitorare il loro stato di salute fin dai primi sintomi. È fondamentale, vista la particolare vulnerabilità dell’utenza al virus, ridurre al minimo la possibilità di contagio. Anche, ove necessario, ricorrendo alla quarantena con adeguato indennizzo da parte degli enti previdenziali.

Il terzo è quello di facilitare l’accesso degli operatori al supporto psicologico per elaborare ansie per la propria salute, quella degli utenti e dei propri familiari. Perché se di guerra si tratta, non sarà lampo e ci si deve preparare a resistere a lungo.

* Psicologo e psicoterapeuta

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