La “battaglia di Milano” come lui stesso l’ha definita deve essere vinta. Ma per Massimo Galli, direttore del Dipartimento di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, non c’è solo il fronte ospedaliero da mettere e tenere in sicurezza. C’è tutto un mondo di persone, gli isolati, che sono poco meno che abbandonati. “Sono giorni che sostengo la necessità di stare vicini con l’assistenza sanitaria alle persone che abbiamo isolato e lasciato a casa. A Milano sono migliaia le persone a casa con il dubbio di avere l’infezione e senza indicazioni precise su come provvedere nel contesto familiare” dice lo scienziato ospite di Mezz’ora in più’ su RaiTre. Una situazione che per esempio a Bergamo, città che sta pagando con il numero più di contagi e morti, dove come ha raccontato il primario di Infettivologia del Papa Giovanni XXIII, Massimo Rizzi, “di molti che muoiono in casa o nelle residenze sanitarie”.

Anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, ha espresso la medesima opinione: “Nel nostro Paese i servizi territoriali non sono completamente assenti e abbiamo un impegno forte dei medici di famiglia. La cura delle persone sul territorio va potenziata e credo che l’eredità che ci lascerà questa epidemia sarà l’importanza di potenziare questi servizi. Oggi la sfida – dice a in Mezz’ora in più – però è che le persone vengano assistite a domicilio, o se non è possibile in strutture alberghiere e protette, prima di arrivare in ospedale”. Poi aggiunge: “I dati che noi oggi vediamo, soprattutto i decessi, sono il risultato delle infezioni di 14-15 giorni fa. Questo è un elemento che chiarifica la dinamica, ma non riduce la gravità. Le misure adottate sono appropriate perché riducono la circolazione e questo favorisce il fatto che la trasmissione del virus tra umani si possa rallentare. Gli effetti saranno più evidenti in aree dove la circolazione del virus è meno evidente”.

Di identico parere Galli: “Le misure prese erano necessarie e così anche il loro incremento. Direi che ci mettono in linea con quello che è stato fatto in Cina per contenere l’epidemia. Non possiamo pretendere di vedere i risultati in pochi giorni. Fidiamoci delle misure e teniamo duro” ha aggiunto l’infettivologo che nei giorni scorsi aveva fatto un appello anche per eseguire più tamponi. “La politica del tampone solo a pazienti sintomatici potrebbe rivelarsi insufficiente”, e “la cartina di tornasole – aveva detto in una intervista a Il Messaggero – è il numero dei morti: 6,6%, più alto rispetto all’attuale 4,5% di Wuhan. Bisogna risalire a tutti coloro che sono stati in contatto con le persone malate, metterli in quarantena, seguire la comparsa o meno dei sintomi dell’infezione. L’impressione è che vere indagini epidemiologiche su tutti i contatti reali dei malati non vengano fatte. Il distanziamento sociale è fondamentale, ma il tracciamento è importante per uscirne prima”.

E per uscirne bisogna vincere. “È evidente che la battaglia di Milano è fondamentale per riuscire a uscire per tempo, bene e presto, da questa terribile emergenza– aveva detto ancora un paio di giorni fa – Dobbiamo assolutamente da questo punto di vista riuscire a contenere l’infezione in una città come Milano. Ovviamente dobbiamo farlo in tutta Italia, ma è chiaro a tutti che avere una situazione di controllo su Milano sia uno dei fronti fondamentali contro il virus. Milano e l’hinterland fanno più di 3 milioni e mezzo di abitanti e ovviamente la concentrazione di popolazione è un fattore importante della possibile diffusione di un virus”.

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