Riduzione del personale in turno, smart working e ricorso alla cassa integrazione. Sono le misure adottate da ArcelorMittal per affrontare l’emergenza legata al Coronavirus. Una ricetta che ha soddisfatto i sindacati Usb e Fim Cisl che ieri hanno sospeso i dieci giorni di sciopero proclamati poche ore prima per contrastare la mancanza di iniziative efficaci dell’azienda per contenere la diffusione del virus in fabbrica.

In una nota, Vincenzo Mercurio, segretario di settore di fabbrica Usb, e Alessandro Damone, dell’esecutivo di fabbrica Usb hanno spiegato che “rispetto alle rivendicazioni fatte, abbiamo ottenuto la riduzione dei lavoratori nel primo turno”: il numero di operai, scende del 42,5 percento passando da 3mila a 1.750. In sostanza stando a quanto riferito dai sindacalisti si tratta di un taglio lineare del 25percento su tutte le attività. Inoltre saranno 200 i dipendenti che da lunedì lavoreranno da casa con il sistema dello smart working. Un numero che secondo le promesse aziendali dovrebbe però crescere fino a 300 unità. Saranno invece fermati alcuni reparti come Zincatura 2, Treno Lamiere, Finitura Lamiere e Ossitaglio e per 300 lavoratori scatterà la cassa integrazione.

“Con ogni probabilità – hanno aggiunto Mercurio e Damone – la prossima settimana, l’azienda si attrezzerà per controllare i lavoratori in entrata con termometro laser. Nel caso in cui si dovesse rilevare una temperatura corporea superiore alla norma, interverranno gli operatori sanitari per verificare lo stato di salute ed evitare il contatto con i colleghi. Inoltre, per ridurre più possibile l’affollamento sugli autobus, l’azienda ha introdotto altri 5 mezzi, con il limite massimo di 25 lavoratori a bordo rispetto ai 90 presenti di norma”. I sindacati avevano chiesto inoltre la riduzione del 30 percento anche sulle attività dell’appalto, ma Arcelor ha comunicato che alcune ditte, non essendo in grado di svolgere le operazioni in condizioni di sicurezza, hanno autonomamente sospeso i lavori.

Resta al momento il nodo legato alle mascherine: il numero di dispositivi presenti in fabbrica al momento sarebbe particolarmente basso, ma nei prossimi giorni dovrebbe essere consegnata una fornitura di 15mila dispositivi di protezione che l’azienda ha acquistato nei giorni scorsi. Solo una prima fornitura in vista di un ordine molto più corposo che dovrebbe soddisfare il fabbisogno dei lavoratori. Ai sindacati, inoltre, l’azienda ha comunicato che il primo carico di 40mila mascherine sarebbe stato requisito qualche tempo fa dallo Stato per fronte alle emergenze nelle zone rosse e dirottato alle strutture sanitarie.

Per Usb l’obiettivo è quello di portare il livello di marcia degli impianti al minimo allargando il numero di operai in Cassa integrazione straordinaria “per consentire ai dipendenti di stare a casa con le proprie famiglie in questo momento delicato”. Una condizione che se non dovesse essere accolta farebbe partire nuovamente lo sciopero dei lavoratori. Per Fiom e Uilm che invece non avevano aderito allo sciopero le ulteriori misure, messe in campo dall’azienda non sarebbero sufficienti a ridurre il rischio di contagio dal Covid-19 e per avere un quadro reale, anche in merito ai possibili interventi governativi su ammortizzatori sociali e protocollo sanitario” sarà necessario attendere l’incontro tra i sindacati e il Presidente del Consiglio. Fiom e Uilm hanno annunciato infine che lunedì 16 marzo decideranno se confermare o meno le iniziative di protesta annunciate nei giorni scorsi.

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