Quando adesso la sveglia suona al mattino presto nel centro sportivo di Valdebebas, a Matteo Spagnolo deve sembrare un gioco da ragazzi infilarsi le scarpe e la canotta del Real Madrid per andare ad allenarsi prima di prendere lo zaino e sedersi tra i banchi di scuola. Perché, anche se ha solo 17 anni, il ragazzo di strada ne ha già fatta. E sa bene che la convocazione nella Nazionale maggiore di basket per le due partite di qualificazione a Eurobasket 2021 decisa dal ct Meo Sacchetti è solo uno dei frutti di quando, a 12 anni, una volta al mese, il giovedì pomeriggio dava un bacio a papà Fabio, mamma Valeria e la sorellina Roberta prima di salire da solo sul pullman di linea che da Brindisi lo avrebbe portato nella Capitale per tre giorni di allenamenti con la Stella Azzurra Roma. La domenica rientro a tarda sera, via a letto e il lunedì ricominciava la rumba.

Era uno scricciolo, ma già aveva una consapevolezza: come recita una delle frasi che raccontano gli stia più a cuore, il talento perde se non è accompagnato dal duro lavoro. È questo il modo in cui, fresco 17enne, è arrivato a indossare la maglia dell’Italbasket in vista delle partite contro Russia ed Estonia insieme ai ‘grandi’. E va bene che Sacchetti ha deciso di aprire ai giovani per “costruire il futuro”, visto che gli Azzurri sono Paese ospitante e quindi già qualificati, ma nessuno degli altri, anche tra gli esordienti, ha meno di 20 anni. Pure sfogliando l’album del passato, i precedenti scarseggiano: se sarà esordio, solo Vinicio Nesti e Dino Meneghin ce l’hanno fatta in età più tenera.

Se linea verde dev’essere dopo le delusioni dell’ultimo decennio, il volto più adatto è il suo: Spagnolo Matteo, playmaker, 193 centimetri, nato il 10 gennaio 2003 a Brindisi, città di vento e canestri. Montati nei tensostatici, come quello in cui a 4 anni l’allenatrice Rosaria Balsamo iniziò a farlo giocare. O conficcati dentro il cemento nei playground accanto alle chiese, dove sei anni dopo dimostrava familiarità genetica con la palla: lo spiegano sine die un paio di video caricati su Youtube da papà Fabio, un passato da buon giocatore nelle minors pugliesi e ora nello staff tecnico del settore giovanile dell’Happy Casa Brindisi, club di Serie A.

L’humus dove è germogliato questa promessa del basket italiano è quello lì. Una famiglia immersa nella pallacanestro, passione smisurata di tre generazioni di Spagnolo paragonabile solo al tifo per la Roma. Dopo il minibasket, ecco i primi anni di settore giovanile nell’Aurora Brindisi, tante partite del padre viste dagli spalti con nonno Maurizio e un torneo giovanile che lo porta alla Mens Sana Mesagne e accende i primi riflettori. Così mentre nel campionato regionale Under 14, appena 12enne, inanella una serie di partite-show (una volta segna 78 punti, in finale ne mette 77), arriva la chiamata della Stella Azzurra, società che diede ad Andrea Bargnani il palcoscenico della B2 a 17 anni.

Ma c’è la scuola media da finire, quindi iniziano quei viaggi in bus dalla Puglia a Roma prima del trasferimento nella Capitale, dove resta due anni. Assaggia anche lui la B2, in uno dei primi tornei disputati a Tenerife gioca anche il Real Madrid ed è già tempo di primi abboccamenti. I Blancos lo seguono, lui impressiona in diverse competizioni giovanili in giro per l’Europa e diventa uno dei perni delle varie selezioni under azzurre. Lavoro e talento, senza mai farlo pesare ai compagni. Leader, vero.

Nell’estate 2018 diventa quindi il primo italiano ad entrare nella cantera madridista. All’esordio ammattisce il Barcellona, conquista l’Euroleague Next Generation e in primavera la vittoria del campionato giovanile iberico. Nonostante il livello di gioco cresca, nonostante ci sia da affrontare il liceo pubblico e l’asticella sia sempre più alta anche fuori dal campo, perché c’è da studiare in spagnolo e in inglese. Matteo è promosso a pieni voti, come nell’Europeo Under 16 dove a suon di 16.3 punti di media trascina l’Italia al bronzo e finisce dritto nel quintetto ideale della manifestazione.

Le sue prestazioni incuriosiscono coach Pablo Laso, che lo aggrega alla prima squadra e lo lascia giocare in tutto il precampionato. Poi da settembre l’avventura in Liga Eba, la quarta serie spagnola. Un campionato senior a tutti gli effetti, al quale il Real Madrid partecipa con ragazzi del 2002, 2003 e 2004. Matteo segna – a ottobre sigla 33 punti contro l’Agumes – e fa segnare a raffica. Le sue giocate fanno il giro del web. Soprattutto gestisce le palle più pesanti. E sono spesso “ciuff” all’ultimo secondo. Come a novembre, quando infila un tiro da metà campo sulla sirena: un marchio di famiglia, visto che in quel modo – per due volte, alla fine del secondo e del quarto – lo zio Emiliano, alla stessa età, decise un derby giovanile che spalancava le porte delle Finali interzona.

A Valdebebas, nella foresteria delle Merengues dove sono sbocciati Nikola Mirotic e Luka Doncic, mai un problema né uno screzio. Matteo Spagnolo ha ‘testa’, dimostra attitudine al lavoro, continua a dividersi tra scuola, allenamenti con l’Under 18, una nuova vittoria nei tornei giovanili dell’Eurolega a Monaco di Baviera sotto i comandi di Javier Juarez e di tanto in tanto apparizioni nella palestra con la prima squadra agli ordini di Laso. Nel tempo libero musica e telefonate a casa per salutare i genitori e chiacchierare con la sorella Roberta, anche lei piccolo talentino in campo.

La Federazione italiana pallacanestro, tre mesi fa, ha sanato una situazione paradossale per la quale, nonostante sia nato qui, rischiava di ritrovarsi a giocare da ‘straniero’ in Serie A – come il 18enne cagliaritano Sasha Grant – perché sta completando la formazione cestistica all’estero. Adesso la convocazione di Meo Sacchetti con la Nazionale maggiore. Tornerà al Sud, da dove è partito, per il raduno e la partita con la Russia al PalaBarbuto di Napoli. “Costruiamo il futuro”, ha detto il coach dell’Italbasket. E il cellulare del più niño tra gli azzurri dei canestri ha squillato nel pomeriggio. Mentre faceva i compiti per il giorno dopo, poco prima di un nuovo allenamento a Valdebebas.

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