“Il parlamento Europeo e la mia non estinzione mi sembrano lo stesso miracolo, immodestamente”. Liliana Segre ha scelto queste parole per salutare gli europarlamentari riuniti in seduta plenaria a Bruxelles. La senatrice a vita, sopravvissuta all’Olocausto e testimone della Shoah, ha tenuto un discorso alla cerimonia del giorno della memoria, per ricordare il 75esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Lo stesso dove Segre fu internata nel gennaio del 1944 quando aveva appena 13 anni. “Sono qui per dare un messaggio di speranza. Io porto sempre un messaggio di speranza: perché da nonna non posso che portare un messaggio di speranza per i miei nipoti veri e per quelli ideali, per i ragazzi nel mondo”, ha detto Segre, che alla fine del suo intervento è stata accompagnata da un lungo applauso e da un’ovazione in piedi da parte di tutto l’Europarlamento.

La senatrice non si è limitata solo al ricordo della deportazione. Prima ha salutato “tutti parlamentari inglesi che ci stanno lasciando con grande dispiacere di tutti“. Poi ha analizzato il momento attuale dell’Europa, dove – ha ricordato – c’è chi nega ancora l’Olocausto: “Ancora oggi qualcuno non vuole guardare e anche adesso qualcuno dice che non è vero“. Segre ha ricordato con le parole di Primo Levi “lo stupore per il male altrui”, che “nessuno che è stato prigioniero” nel campo “ha mai potuto dimenticare“. Nel cuore del vecchio continente, infatti, negli ultimi anni sembrano rinascere quei sentimenti di odio che negli anni ’30 portarono addirittura a disciplinare la segregazione, con le leggi razziali e l’antisemitismo di Stato. Un problema che per la Segre è di matrice politica: “La parola razza – ha spiegato – ancora la sentiamo dire e per questo dobbiamo combattere questo razzismo strutturale, che c’è ancora. La gente mi domanda perché ancora si parla di antisemitismo. L’antisemitismo e il razzismo ci sono sempre stati, ci sono corsi e ricorsi storici”: prima “non c’era il momento politico per poterli tirare fuori. Ma poi arrivano i momenti, in cui ci si volta dall’altra parte, in cui è più facile far finta di niente” e “tutti quelli che approfittano di questa situazione trovano il terreno adatto per farsi avanti”.

La senatrice a vita ha raccontato agli europarlamentari la sua esperienza di testimone della Shoah: “Da 30 anni parlo nelle scuole e sento una difficoltà psichica forte, anche se è mio dovere, a continuare a parlare perché ho sentito quelle urla in quella Babele di lingue. Perché era possibile comunicare con le compagne solo trovando parole comuni o c’era la solitudine assoluta del silenzio derivava da qualche isolamento ancestrale delle comunità che non si erano ancora riunite in parlamento. L’Europa da secoli litigava in modo spaventoso“. Per questo motivo Segre spiega di aver “provato una grande emozione entrando qui vedendo le bandiere dei tanti Stati affratellati”. Quelle bandiere hanno fatto ricordare alla testimone dell’Olocausto “il desiderio di trovare con le compagne francesi tedesche e ungheresi una parola comune, in ungherese ho imparato la parola pane, la parola principale che vuol dire fame e sacralità di cio che oggi viene sprecato”.

Alla fine del discorso, l’Eurocamera ha osservato un minuto di silenzio su richiesta del presidente David Sassoli. A guardare le immagini molti europarlamentari erano emozionati durante il discorso della Segre. “Il nazismo e il razzismo non sono opinioni ma crimini. Unitevi a noi mentre ci inchiniamo davanti a tutte le vittime dell’Olocausto e assumiamo il nostro dovere di ricordare. È un onore e un dono avere tra noi la senatrice e sopravvissuta di Auschwitz Liliana Segre che ci porta la sua testimonianza”, ha scritto su twitter Sassoli. A margine del suo intevento la senatrice a vita ha risposto alle parole di Alessandra Mussolini, che l’ha accusata di fomentare “l’odio”: “Spero di essere una donna di pace e di non fomentare l’odio. Se io volessi fomentare l’odio – ha continuato – non avrei presentato in commissione in Senato una proposta che si chiama ‘hate speech’. Sarebbe un’antitesi fomentare l’odio e predicare contro l’odio”.

Nata a Milano nel 1930 da una famiglia ebraica, nel gennaio del 1944 Segre fu deportata ad Auschwitz insieme al padre, che morirà nel campo di concentramento nazista nell’aprile dello stesso anno. Ad Auschwitz morirono nei mesi successivi anche i nonni di Segre, mentre l’attuale senatrice a vita rimase imprigionata nel lager fino al gennaio del 1945. Dopo l’evacuazione del campo, affrontò la cosiddetta “marcia della morte“, cioè la deportazione verso i campi di sterminio tedeschi di tutti i prigionieri internati in Polonia, dove stava arrivando l’Armata rossa dei russi. Durante la marcia i nazisti eliminarono gran parte dei deportati, tra i quali molti ebrei, ma anche persone d’origine rom, omosessuali e pure prigionieri di guerra. Segre riuscì a sopravvivere e venne liberata nel maggio del 1945 dal campo di Malchow dai soldati russi. Tornata in Italia, negli anni successivi cominciò a girare le scuole per trasmettere la sua testimonianza dell’Olocausto ai più giovani. Nel 2018, a 80 anni dalla promulgazione in Italia delle leggi razziali fasciste, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di nominarla senatrice a vita “per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”.

Articolo Precedente

‘Centenari e disabili ai seggi emiliani’? La frase di Fontana è solo apparentemente orrenda

next
Articolo Successivo

Liliana Segre parla al Parlamento Ue: deputati in lacrime mentre racconta la sua vita nei campi di concentramento

next