Il rapido progresso tecnologico a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni nel settore hi-tech è stato reso possibile anche grazie a un ampio utilizzo di molti metalli rari, soprattutto a partire dagli anni novanta. Questi particolari metalli però non sono disponibili in larghe quantità. indio, neodimio ed europio ad esempio sono relativamente scarsi, senza contare che l’Europa dipende quasi interamente dalle importazioni per l’approvvigionamento e che anche i metalli relativamente abbondanti come il rame possono esaurirsi. Per aiutare a prevenire carenze future di questo tipo e rendere più sostenibili la produzione e l’uso di questi metalli, l’Unione europea ha finanziato il progetto QUMEC, volto a quantificare le cosiddette “miniere urbane” in Europa, con risultati promettenti.

Ma cosa sono le miniere urbane? Sostanzialmente non sono altro che le enormi di quantità di rifiuti di tipo RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) di cui siamo pieni (In Italia nel 2017 sono state raccolte 296mila tonnellate di questo tipo di rifiuti), e che attualmente rappresentano un problema ecologico ed economico enorme. Solitamente tali rifiuti finiscono per essere scaricati nei Paesi in via di sviluppo, utilizzati come pattumiere. Tuttavia, adeguatamente sfruttati, potrebbero invece costituire giacimenti preziosissimi delle cosiddette “materie prime seconde”, ossia appunto riciclate.

“Stimiamo che un recupero e un riciclaggio efficienti delle attuali riserve fuori terra potrebbero coprire fino alla metà della domanda annuale di questi metalli. Ciò potrebbe anche a ridurre di circa l’80% l’energia utilizzata e i gas serra emessi per l’estrazione di materiali primari dalla terra”, ha spiegato chiaramente il responsabile del progetto Luca Ciacci, ricercatore presso l’Università di Bologna, capofila del progetto.

Per censire le quantità di rame e metalli che potrebbero essere riciclati, il QUMEC ha utilizzato complesse analisi di flusso di materiale e valutazioni della quantità di metalli attualmente in uso, o presenti nei rottami e nei rifiuti, che potrebbero essere riciclati. Scoprendo ad esempio che in Europa si ricicla tantissimo rame, circa il 60% ma che non tutta la lavorazione avviene nei nostri confini, mentre per metalli più rari, come l’indio – utilizzato in prodotti elettronici come smartphone e televisori a schermo piatto – non c’è alcun sistema di recupero e riciclo e lo stesso accade per il neodimio, utilizzato nei magneti permanenti di turbine eoliche, laptop e veicoli elettrici, e per l’europio, presente in lampade fluorescenti, LED e prodotti elettronici.

I ricercatori del QUMEC hanno anche identificato gli attuali ostacoli allo sviluppo di impianti di riciclaggio di metalli rari in Europa, tra cui costi di creazione degli impianti, progettazione complessa del prodotto che complica la separazione dei materiali, mancanza di informazioni su come estrarre il materiale, conoscenza limitata di quali prodotti contengono metalli rari e mancanza di processi di raccolta a fine vita. “Se non affrontiamo seriamente queste sfide, stabilire e mantenere una catena di riciclaggio sostenibile per molti metalli rari resterà problematico”, ha affermato Ciacci. La speranza è che, sulla scorta degli studi effettuati dal QUMEC, l’Europa predisponga un vero e proprio piano industriale per favorire il riciclo e il riuso di questi materiali.

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