Ad avvicinare Matteo Salvini verso il possibile processo per il caso della nave militare Gregoretti sono i suoi senatori. I 5 componenti della Lega della Giunta per le immunità del Senato sono stati gli unici, infatti, a votare contro la relazione del presidente dell’organismo Maurizio Gasparri che chiedeva di respingere la richiesta di autorizzazione a procedere del tribunale dei ministri. I 5 leghisti hanno eseguito l’ordine del loro segretario che aveva chiesto questo “regalo” dopo che aveva visto sfumare un’arma elettorale (quella del “martire perseguitato”) negli ultimi giorni di campagna elettorale per le Regionali. La maggioranza di governo del centrosinistra e dei Cinquestelle ha deciso infatti di non presentarsi alla riunione della Giunta – definita “illegittima” e “una pagliacciata” – lasciando a discutere e votare i soli gruppi di centrodestra. Contro il processo – a favore della relazione Gasparri – hanno votato coerentemente i 4 di Forza Italia (oltre a Gasparri, Lucio Malan, Fiammetta Modena, Adriano Paroli) e il senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni; hanno cambiato idea, su mandato del capo, i 5 parlamentari della Lega che hanno votato contro la relazione e quindi a favore del processo. E’ finita 5 pari e il regolamento di Palazzo Madama prevede che in caso di pareggio il testo in esame venga bocciato.

Ora l’esame della richiesta di autorizzazione a procedere si sposterà in Aula al Senato, verso la metà di febbraio. Per uno dei tanti paradossi di questa vicenda a sostenere il sì al processo dovrebbeessere – sulla carta – Erika Stefani, ex ministra e capogruppo della Lega in Giunta che un attimo dopo averla bocciata ha definito la relazione Gasparri “tecnicamente ineccepibile“: “E’ del tutto evidente – aggiunge – che nell’azione dell’ex ministro Salvini sussiste il preminente interesse nazionale ha agito nell’interesse della nazione e nel solco della collegialità”. Vale a dire che la linea tenuta in quei giorni in cui Salvini bloccò una nave della Guardia Costiera fuori dal porto di Augusta con a bordo oltre cento persone appena salvate dal mare era sposata anche dal resto del governo, compreso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il capo dell’esecutivo, in serata, ha di nuovo replicato, durante un’intervista a Sono le venti, il programma informativo sul Nove: “Il ministro – dice Conte – aveva fatto approvare un decreto Sicurezza bis che rinforzava le sue competenze, ha rivendicato a sé la scelta di se o quando far sbarcare le persone a bordo della Gregoretti”.

Ora però Salvini spiazza di nuovo i suoi, rinnovando la linea a favore del processo anche in Aula, quando il voto sull’autorizzazione a procedere sarà decisivo e definitivo. “Sì, sono testone – rivendica il segretario della Lega – Sono curioso, faccio di testa mia e non ascolto i legali. Sono stufo di passare le mie giornate rispondendo su processi e cavilli. Se mi condannano mi condannano, se mi assolvono mi assolvono. Partita chiusa”. Nel frattempo la sua base fa partire la campagna #digiunoperSalvini (aderisce anche lui, sfidando le ironie sulla sua rivendicata voracità: “Domani eviterò tortellini, cappelletti e lasagne. Per un giorno”). Nel frattempo fa appello agli avvocati: “Apriremo un indirizzo email per tutti gli avvocati che vorranno partecipare alla difesa in questo processo. Magari ci sarà una difesa collettiva con 500 o mille avvocati”.

E’ il Pd che commenta questo salto in avanti del leader leghista: “Matteo Salvini è sempre più disperato, fuori controllo – dichiara Nicola Oddati, braccio destro del segretario Nicola Zingaretti – Chiama a raccolta avvocati, parla di sciopero della fame, arriverà anche a incatenarsi davanti al Parlamento. Non ci crede più nessuno alle sue sceneggiate. È scappato già da un processo e non ha dato risposte sui presunti fondi russi al suo partito, sugli affari opachi dei suoi uomini. È stato il peggiore ministro dell’Interno della Repubblica italiana, indossava le divise di quegli stessi uomini delle forze dell’ordine ai quali solo noi abbiamo pagato gli straordinari di quando era lui al Viminale”.

Quella che si è consumata a Sant’Ivo alla Sapienza, dove si tengono le sedute della Giunta per le immunità di Palazzo Madama, è stata una situazione ben oltre il paradosso, risultato di un avvitamento su procedure e tempistiche legato quasi del tutto alla campagna elettorale per le Regionali in Emilia. Da una parte Salvini che ha a lungo desiderato e a questo punto “preteso” che la Giunta desse il suo primo sì al processo per usarlo come strumento di propaganda, tanto che già oggi è riuscito a paragonarsi all’eroe del Risorgimento Silvio Pellico. “E’ passato dal sovranismo al vittimismo” commenta il capo politico del M5s Luigi Di Maio. Dall’altra il centrosinistra e i Cinquestelle che in tutti i modi hanno cercato di evitare di votare sull’autorizzazione a procedere fino a disertare la seduta per non dare la possibilità a Salvini di montarci sopra l’ultimo scampolo di campagna elettorale. “Quelli del Pd non hanno neanche la faccia di difendere la loro idea. Vogliono mandarmi a processo e decidere dove, come e quando” sottolinea Salvini.

In realtà, a beneficio della ricostruzione di quanto è avvenuto nell’ultima settimana, proprio il “quando” è stato tirato da una parte e dall’altra dal centrodestra, deciso a votare prima delle Regionali. L’ultimo strappo venerdì quando prima la Giunta delle immunità aveva votato all’unanimità (quindi compresi la Lega e il resto del centrodestra) il fatto che il mese di scadenza entro il quale l’organismo avrebbe dovuto votare era “perentorio”. Dunque il tempo si sarebbe esaurito proprio venerdì scorso. Ma in Giunta per il regolamento il centrodestra ha compiuto un’inversione a U votato a favore della proposta di un leghista, Ugo Grassi, per applicare una deroga al mese di termini di scadenza e per fissare la votazione ad oggi. La proposta è passata solo grazie al voto, decisivo, della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Da qui la protesta della maggioranza.

Cosa succede ora? Entro i prossimi 30 giorni in Aula dovrebbe arrivare il sì al processo anche se, secondo il regolamento del Senato, l’Aula prende atto delle decisioni della Giunta. A meno che 20 senatori presentino una mozione di segno opposto, che a quel punto dovrebbe essere votata. E accadrà quasi certamente. Nel merito, questione completamente scomparsa dalla discussione pubblica, si sta parlando dell’accusa di sequestro di persona per il caso della nave della Guardia Costiera Gregoretti che dopo aver salvato oltre cento persone in mare fu bloccata da Salvini a Catania, il 26 luglio, e poi per altri giorni davanti al porto di Augusta, dove la nave si era spostata su indicazione del Comando generale della Capitaneria di Porto. La Procura di Catania aveva aperto un’inchiesta e poi chiesto l’archiviazione “per manifesta infondatezza della notizia di reato”. Ma i giudici non sono stati di questo avviso e dopo nuove indagini ha messo sotto accusa Salvini per sequestro di persona, “aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall’abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché di avere commesso il fatto in danno di soggetti minori di età”.

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