La Procura di Bari ha chiesto il processo per l’ex giudice del Consiglio di Stato, Francesco Bellomo, accusato di calunnia e minaccia nei confronti del premier Giuseppe Conte, all’epoca vicepresidente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. È stato chiesto anche il rinvio a giudizio per maltrattamenti ed estorsione su quattro donne della sua scuola di preparazione al concorso in magistratura. Stando alle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi e dalla pm Iolanda Daniela Chimienti, tra il 2011 e il 2018, Bellomo ha adescato corsiste proponendo loro borse di studio a patto della sottoscrizione di un contratto che disciplinava “doveri” e “dress code” imponendo, tra le altre cose, minigonna e tacco 12, obbligo di rispondere al telefono entro il terzo squillo e punizioni in caso di violazione del codice di comportamento, umiliandole e “riducendole in uno stato di soggezione psicologica”.. Per queste vicende l’indagato è stato interdetto dall’attività di insegnamento dopo aver trascorso, dal 9 al 29 luglio, 20 giorni agli arresti domiciliari.

La vicenda che riguarda il premier Conte fa parte proprio del procedimento sui presunti maltrattamenti commessi da Bellomo ai danni di borsiste e corsiste della sua Scuola di Formazione ‘Diritto e Scienza’. Quando scoppiò lo scandalo sulle borsiste, nel 2017, Bellomo fu infatti sottoposto a procedimento disciplinare e a presiedere la Commissione che doveva giudicarlo, affiancato dalla collega Concetta Plantamura, c’era proprio Conte. L’ex giudice barese, secondo l’accusa, li ha “incolpati falsamente” di aver esercitato “in modo strumentale e illegale il potere disciplinare”, svolgendo “deliberatamente e sistematicamente” una “attività di oppressione” nei suoi confronti “mossa da un palese intento persecutorio“. Al termine del procedimento disciplinare Bellomo fu destituito dal Consiglio di Stato (nel gennaio 2018) ma ha continuato ad insegnare nella sua scuola.

Oltre che per la vicenda di Conte, i magistrati che hanno coordinato l’indagine ne hanno chiesto il rinvio a giudizio anche per maltrattamenti su quattro donne, tre ex borsiste e una ricercatrice, contestati in concorso con l’ex pm di Rovigo Davide Nalin, e per estorsione ad un’altra ex corsista per averla costretta a lasciare il lavoro in una emittente locale. Le borsiste, stando alle indagini, dovevano “attenersi ad un dress code ‘classico’ per gli eventi burocratici, ‘intermedio’ per corsi e convegni ed ‘estremo‘ per eventi mondani“, che prevedeva gonna molto corta, vestiti di colore preferibilmente nero o, nella stagione estiva, bianco, stivali con tacco 8-12, trucco calcato e rossetto acceso. Un vero e proprio contratto, definito da una delle presunte vittime “di schiavitù sessuale.

Agli atti dell’indagine ci sono le dichiarazioni delle donne, che hanno raccontato anche di “prove di addestramento“, alle quali dovevano sottoporsi come test sulla “gestione dell’emotività”, che sarebbero consistite in “prove di velocità” a 200 km/h a bordo di una Ferrari o “camminare in zone malfamate”. Dalle donne “prescelte” Bellomo avrebbe inoltre preteso che non si sposassero e non frequentassero uomini “sfigati”, arrivando a controllare e sanzionare i loro profili Facebook. Con Bellomo e Nalin rischia il processo l’avvocato barese Andrea Irno Consalvo, organizzatore dei corsi all’interno della scuola, accusato di false informazioni al pm. Quando Consalvo fu chiamato a rendere dichiarazioni nell’ambito di questa inchiesta, avrebbe “taciuto – secondo la Procura – quanto a sua conoscenza” sui rapporti tra l’ex magistrato e le corsiste.

Il 24 ottobre scorso il giudice per le indagini preliminari di Milano ha archiviato, come richiesto dalla Procura, l’inchiesta nei confronti di Bellomo per stalking e violenza privata su quattro studentesse della sede milanese della scuola di preparazione alla magistratura ‘Diritto e scienza’. Il gip Guido Salvini ha concluso che “non si ravvisano condotte rilevanti sul piano penale“.

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