“Gravissime carenze di personale, con carichi di lavoro oramai non più sostenibili, deficit di risorse finanziarie da destinare al salario accessorio accompagnato da ritardi intollerabili nell’erogazione, significative difficoltà organizzative”. Una lista di criticità su cui secondo i sindacati “il governo ha scelto di non intervenire” e che “oggettivamente impediranno alla macchina fiscale il raggiungimento dell’obiettivo della lotta all’evasione ed elusione fiscale, nonché i servizi ai cittadini”. Per questo Fp Cgil, Cisl Fp, Uilpa Uil, Confsal-Unsa e Flp il 2 gennaio hanno indetto lo stato di agitazione dei lavoratori della Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli.

In una lettera al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, i sindacati denunciano anche “il deficit nell’operatività del comitato di gestione che da mesi è bloccato e “l’assenza del direttore dell’Agenzia”. Le due agenzie fiscali infatti sono senza vertici da quando il 9 dicembre sono decaduti gli incarichi di Antonino Maggiore e Benedetto Mineo. Il governo non è ancora riuscito a individuare i nomi dei successori. Per le Entrate, ora rette ad interim dal vicario Aldo Polito, resta in pole il renziano Ernesto Maria Ruffini ma non è esclusa la conferma di Maggiore, che era stato scelto dal Movimento 5 Stelle.

Nel decreto fiscale collegato alla manovra, il governo ha stimato per il 2020 3,2 miliardi di euro di maggiori incassi aggiuntivi da lotta all’evasione. I sindacati, dunque, chiedono “interventi qualificati” e proclamando lo stato di agitazione “sia a difesa degli interessi della collettività sia a tutela dei colleghi rappresentati”.

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