Patteggiamento per “il re dell’eolico” Vito Nicastri e il figlio, coinvolti nell’indagine che alcuni mesi fa divenne nota soprattutto per il cosiddetto ‘caso Siri’, nel senso di Armando, l’allora sottosegretario della Lega che finì indagato a Roma per corruzione in un’altro filone dell’inchiesta. Nel tardo pomeriggio i giudici sella seconda sezione del tribunale di Palermo hanno sciolto la riserva sulla richiesta presentata dai legali dei Nicastri. Il collegio presieduto da Roberto Murgia stavolta ha accettato la richiesta di patteggiamento, condannando l’imprenditore originario di Alcamo (Trapani) a 2 anni e 10 mesi per vari episodi di corruzione e intestazione fittizia. Il figlio Manlio di 32 anni – fino a oggi agli arresti domiciliari – invece è stato condannato a 2 anni di reclusione e una multa di 3000 euro per intestazione fittizia: già in serata sarà liberato. Un mese fa il gup aveva rigettato una richiesta di patteggiamento analoga (2 anni e 9 mesi il padre, 1 anni e 10 mesi il figlio) “in quanto il trattamento sanzionatorio concordato non è adeguato all’oggettiva entità dei fatti in contestazione ed alla personalità degli imputati, di certo portatori di elevati livelli di pericolosità sociale”.

Entrambi oggi hanno assistito alla lettura del dispositivo esprimendo soddisfazione per la decisione del Tribunale. Resta in carcere invece Nicastri senior che nei mesi scorsi è stato condannato a 9 anni per concorso esterno alla mafia. Proprio per quel procedimento si trovava ai domiciliari, ma continuava a gestire i suoi affari. Gli investigatori della Dia di Trapani avevano documentato i suoi rapporti con Paolo Arata, ex parlamentare di Forza Italia diventato un sostenitore della Lega. Arata che sarà processato davanti a un’altra sezione del tribunale di Palermo assieme al figlio Francesco, i due funzionari regionali Giacomo Causarano e Alberto Tinnirello e l’imprenditore Antonello Barbieri. In seguito all’arresto Nicastri iniziò a collaborare con i magistrati, limitandosi però a rispondere sulle accuse a lui rivolte. In aula oggi anche il pm Gianluca De Leo che – assieme all’aggiunto Paolo Guido – aveva dato l’ok al patteggiamento già nei mesi scorsi. Nicastri e Arata sono accusati di aver cercato di ottenere in maniera illecita autorizzazioni per costruire impianti eolici in Sicilia, corrompendo dipendenti della Regione.

L’indagine divenne pubblica il 18 aprile scorso quando gli agenti della Dia perquisirono uffici e abitazioni di 10 indagati, tra cui l’allora sottosegretario Armando Siri, la cui posizione venne stralciata e spedita alla Procura di Roma. Il senatore leghista è accusato di essersi fatto corrompere in cambio di 30mila euro. Nel corso delle intercettazioni – comprese quelle captate attraverso un trojan inoculato nello smartphone di Arata senior – gli investigatori tracciarono i tentativi di corruzione dell’intero gruppo, che in cerca di sponsorizzazioni ‘autorevoli’ cercò di avvicinare anche deputati e assessori regionali in carica. Per questo nelle scorse settimane i pm della Dda hanno ascoltato il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciche e l’assessore alle attività produttive, Mimmo Turano. Le loro dichiarazioni adesso sono al vaglio degli inquirenti che nelle prossime settimane ascolteranno altri politici emersi nel corso delle indagini.

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