Entra la “Famiglia” e incomincia la pioggia, click, click, click. Poi si allontana e rimane lui sotto la luce dei riflettori: “Posso fare una foto da solo?”. Altroché, all’unisono i fotografi. Ha 13 anni Sebastiano ed è figlio di un papà importante e di una mamma totem. Già si capisce che il ragazzo ne farà di strada. Lo rivedo che sorregge un anziano signore dalla chioma bianca, ma dal piglio giovanile. Nonno Giuseppe, apprendo dopo, ha 87 anni, ne dimostra dieci di meno, ed è il padre di Urbano Cairo. La prima domanda che mi affiora sulle labbra è la più stupida: “Che tipo di enfant prodige era Urbano?… Si capiva che sarebbe arrivato dove è arrivato?” Mi guarda: “Urbano è stato un bambino normale, un adolescente e un ragazzo assolutamente normale”. Già, la normalità. Per Urbano Primo, come qualcuno lo chiama, è stata la sua medaglia al valore. Una normalità che Mali, sua moglie, doppia laurea, difende con ostinazione. Stilosa come lo era Jacqueline Kennedy ma senza darsi arie da first lady. Tre generazioni Cairo in mezzo c’è anche il fratello Roberto, 9 anni in meno di U.C., che fa l’agente immobiliare. Il raduno familiare era per il ventesimo anniversario del Premio Cairo, un anniversario che ha lasciato un segno nel mondo dell’arte contemporanea. Anche qui U.C. ha avuto le antenne, prima che scoppiasse la bolla del mercato art/business.

Era solo un editore di nicchia di una rivista d’arte. Non c’erano ancora Il Toro, La7, il Corriere della Sera. Il Premio Cairo e U.C. sono cresciuti insieme. “Abbiamo cominciato dalla Posteria chi avrebbe mai immaginato che finissimo a Palazzo Reale!”, U.C. al microfono mentre Giuseppe Ferrauto, direttore generale, gli consegna la busta. Attesa…fiato sospeso. The winner is Namsal Siedlecki, americano, e di pochissime parole. Ci pensa la curatrice, le “Teste”, questo il titolo dell’opera, sono figure votive. Brindisi e consegna di un danarosissimo assegno. Le celebrazioni hanno spesso il sapore amarcord ed ecco passare in rassegna le opere vincitrici delle edizioni precedenti. Colpisce la gigantesca scatola di frutta realizzata in marmo e pigmenti (giuro sembra legno) di Fabio Viale. Sempre in marmo ha realizzato anche una barchetta a motore. Era il 2006 quando Chris Gilmour realizzava una lambretta/taxi in cartone riciclato e colla, grandezza naturale.

Art Fashion Show. Le ballerine arrivano con passo felpato e sguardo assente, scarpe di danza ai piedi, indosso solo un piumino, oversize, coloratissimo, giallo, rosso, viola… e si dispongono in file. Comincia così la performance “House of genius. Moncler” di Vanessa Beecroft sotto la volta della Galleria Vittorio Emanuele, sullo sfondo, sulla facciata del palazzo è proiettato con luce laser il logo del brand. Emanuela Schmeidler, la guressa della comunicazione, aveva spedito mille inviti, se ne sono presentati 2000 tra modaioli e intellò. Riesce a creare l’eventone (da leggere anche evento numero uno) già solo con l’aspettativa. L’occasione era l’opening della mega boutique Moncler. Intanto le perforare una per volta si scuotono dalla loro immobilità: chi fa una piroetta, chi piange. E lacrime d’indignazione di massa sono quelle che l’artista immagina scorrere sul volto degli spettatori. Le installazioni di Vanessa sono di forte impatto emotivo e di denuncia socio/politico. In boutique su altissimi manichini l’abito couture Moncler con gonna ampia e a ruota è una meraviglia. E anche un perfetto setting da selfie.

Art Food Show. Brillano di gemme e di Vacheron Costantin pezzi iconici da collezione le vetrine della gioielleria Pisa. E brillano le stelle Michelin dello chef Massimliano Scotti. Che ammalia i palati di Chiara Pisa, tra le top manager più influente del settore, e ospiti. Massimiliano è un maestro gelataio, tra i primi al mondo. La sua materia prima è l’azoto liquido che miscela sapientemente con i sapori. L’effetto gelato- che- fuma gli dà la consistenza di una spuma da declinare con mille e uno gusti. Si autodefinisce un po’ il Proust gourmet perché come accadeva con le madeleine si concentra sui sapori che rievocano l’infanzia. E non solo, tra i più gastro/eccentrici, il gelato alle ostriche, al tartufo bianco e ai frutti di mare.

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