Lo scambio tra gli aiuti militari a Kiev e l’inchiesta per corruzione sul figlio di Joe Biden è fantasia. Perciò “penso che sia molto difficile fare l’impeachment quando non hanno assolutamente nulla”. Parola di Donald Trump. In un’intervista a Fox News, il presidente degli Stati Uniti ha spiegato che se la Camera voterà a favore, darà il benvenuto al processo al Senato. Il capo della Casa Bianca ha sostenuto di aver ordinato al suo avvocato personale Rudy Giuliani – descritto dai testimoni sfilati negli ultimi giorni davanti alla Commissione intelligence come l’uomo di fiducia del presidente che ha coordinato le pressioni perché Kiev aprisse un’indagine contro i Biden – di lavorare sull’Ucraina per la sua reputazione di “grande combattente del crimine” e voleva che fosse coinvolto nella battaglia contro la corruzione in quel Paese.

L’affermazione di Gordon Sondland, ambasciatore Usa presso la Ue, che vi sia stata un “quid pro quo” (in italiano si utilizza l’espressione latina do ut des) con l’Ucraina “è una sciocchezza totale“, ha affermato Trump durante il collegamento telefonico con Fox & Friends, programma preferito ed amato dal presidente, in cui è tornato a prendere le distanze dal ricco proprietario di una catena di alberghi che donò un milione alla sua campagna elettorale per poi essere nominato da Trump rappresentante di Washington a Bruxelles.

Lo conosco appena, ho parlato con lui poche volte”, ha detto il presidente di Sondland che invece nella sua deposizione ha detto di aver avuto un contatto diretto con il presidente per portare a termine le pressioni su Kiev per ottenere l’inchiesta su Biden in cambio dello sblocco degli aiuti militari. Trump, comunque, ha difeso la decisione di bloccare i fondi: “Perché dovremmo dare soldi ad un Paese che è noto per essere corrotto?”, ha detto il tycoon. Che si è poi scagliato ancora contro Sondland per aver cambiato la sua posizione e non aver citato la telefonata in cui a settembre il presidente gli disse che “non voleva niente dall’Ucraina, nessun quid pro quo”.

L’attesa del presidente è tutta per i risultati delle due controinchieste da lui volute sulle origini del Russiagate: il rapporto dell’ispettore generale del Dipartimento di Giustizia Michael Horowitz “svelerà il più grande scandalo della nostra storia”, ha detto a Fox News. Il report è atteso per il 9 dicembre, nel pieno dell’indagine di impeachment. Il rapporto si affianca all’indagine penale condotta dal procuratore John Durham, con i suoi risvolti in alcuni Paesi stranieri, tra cui l’Italia. Lo scopo è accertare se l’inchiesta sulle presunte interferenze della Russia sulla campagna elettorale delle presidenziali 2016 fu un complotto contro Trump, come crede il tycoon.

Anticipando una circostanza contenuta nel rapporto, alcuni media riferiscono che un ex avvocato dell’Fbi è sotto indagine con l’accusa di aver alterato un documento usato dal Bureau per ottenere da un tribunale l’autorizzazione ad intercettare Carter Page, un consigliere della campagna di Trump nel 2016. La condotta del legale dell’Fbi, costretto ad andarsene, non avrebbe però inficiato inficiato la validità della richiesta di intercettazione.

Nel colloquio il capo della Casa Bianca ha toccato questioni di politica economica ed estera. “Dobbiamo stare con Kong Kong ma io sto anche col presidente Xi”, ha detto, affermando che senza il suo intervento Hong Kong sarebbe stata “annientata in 14 minuti“. “Il presidente cinese Xi Jinping ha un milione di soldati in posizione all’esterno di Hong Kong, non entrano solo perché l’ho chiesto io“, ha aggiunto.

Un accordo commerciale parziale con la Cina è “potenzialmente molto vicino”. Le osservazioni di Trump sono una reazione alle dichiarazioni qualche ora fa dal presidente cinese, che ha detto a un raduno di dignitari a Pechino che la Cina vuole un accordo ma “non ha paura” di reagire, se necessario. Xi, ha sostenuto l’inquilino della Casa Bianca, “vuole fare un accordo molto più di quanto io lo voglia fare. Non sono ansioso di farlo“. Trump ha sostenuto inoltre che le entrate delle tariffe doganali sulle importazioni cinesi sono state una manna per gli Stati Uniti, qualcosa che secondo gli economisti sta pesando in senso positivo sull’economia.

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