Uccisi a colpi di arma da fuoco, alcuni bruciati vivi. È strage in Messico, dove nove mormoni statunitensi della famiglia Lebaron, tre donne e sei bambini, sono stati attaccati da uomini armati – forse narcos – mentre erano in viaggio. Lo ha riferito il ministro della Sicurezza Alfonso Durazo. Secondo i famigliari delle vittime, i minori uccisi sono due gemelli di meno di un anno, e altri minori di undici, nove, sei e quattro anni. Altri sei bambini sono rimasti feriti: la più grave, ha precisato il ministro, è una bimba colpita alla spalla da un pallottola. Il fatto è avvenuto nel nord del Messico, a Rancho de la Mora, in una zona di confine tra gli stati di Chihuahua e Sonora, non lontano dal confine con gli Stati Uniti.

Secondo quanto riferito da uno dei leader della comunità e cugino di una delle vittime, Julian Lebaron, il gruppo si stava dirigendo verso il confine americano per andare a prendere un parente all’aeroporto di Phoenix, quando sono stati attaccati da uomini armati. Le vittime viaggiavano in un convoglio di vari automezzi: dentro uno di questi sono stati trovati i corpi di una madre e dei suoi quattro figli con i corpi crivellati di proiettili. Altre due auto sono state ritrovate a una certa distanza alcune ore dopo: al loro interno i cadaveri di altre due donne e due bambini. Cinque o sei bambini sarebbero riusciti a fuggire e tornare a casa, ma altre persone, tra cui una ragazza fuggita nel bosco per nascondersi, sono tuttora dispersi.

I governi di Chihuahua e Sonora hanno rilasciato una dichiarazione congiunta affermando che è stata avviata un’indagine e che ulteriori forze di sicurezza sono state inviate nell’area. La Bbc ricorda che in passato i cartelli della droga presero di mira la comunità: nel 2009 Erick LeBaron fu rapito, ma i suoi famigliari rifiutarono di pagare il riscatto per non alimentare la criminalità. Erick fu poi rilasciato senza pagare nulla, ma un mese dopo suo fratello Benjamin, che aveva fondato un gruppo di lotta al crimine chiamato SOS Chihuahua, fu picchiato a morte e il cognato di quest’ultimo ucciso. Nel 2010, Julian Le Baron pubblicò un articolo sul quotidiano Dallas Morning news esortando i messicani a opporsi al crimine organizzato. Sempre Julian – riporta la Bbc – aveva rivelato a una radio locale che la sua famiglia aveva ricevuto minacce: “Abbiamo sporto denuncia, e queste sono le conseguenze”.

La comunità colpita vive in una comunità chiamata Colonia Le Baron, formata da discendenti di mormoni che lasciarono gli Stati Uniti nel diciannovesimo secolo per sfuggire alla repressione contro la poligamia, praticata nella loro religione. Molti mormoni in Messico usano la doppia cittadinanza, messicana e americana.

Al momento non è chiaro a chi sia da attribuirsi la responsabilità dell’attacco, per il quale è stato chiamato in causa un gruppo della criminalità organizzata attivo nella zona che, tra l’altro, ha bloccato l’accesso all’area per evitare un possibile intervento delle forze di sicurezza. Indagini sono state avviate dalle autorità due Stati, mentre un membro della comunità, Lafe Langford Jr., ha denunciato come siano “loro a cercare” i minori scomparsi, mentre “governo ed esercito non fanno niente”, e ha invocato l’intervento dell’Fbi. “Stiamo seguendo da vicino la situazione”, ha scritto su Twitter l’ambasciatore americano in Messico, Christopher Landau , “la sicurezza dei nostri connazionali è la nostra principale priorità”. Intanto, riferisce il quotidiano El Siglio, la famiglia ha reso noto che è stata ritrovata una bambina del gruppo, inizialmente data per dispersa.

Sulla vicenda si è espresso anche il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: “Una splendida famiglia dello Utah è finita nello scontro fra due cartelli di droga che si stavano sparando. Il risultato è stata l’uccisione di molti americani”, ha scritto su Twitter, “Se il Messico ha bisogno o chiede aiuto contro questi mostri, gli Stati Uniti sono pronti a essere coinvolti e a fare il lavoro in modo veloce ed efficace”. Poco dopo, è arrivata la risposta del presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador: “Il Messico è pronto a lavorare con l’Fbi purché la sua indipendenza sia rispettata, e non penso che avremo bisogno di un intervento straniero”.

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