Ancora proteste in Bolivia dopo l’annuncio da parte del Tribunale elettorale di una vittoria al primo turno dell’attuale presidente Evo Morales, al potere da 13 anni. Martedì notte, nuove tensioni si sono registrate tra la polizia e i manifestanti. Gli agenti in tenuta antisommossa si sono scontrati con i sostenitori di Mesa.

Senza freni, i sostenitori dei partiti di opposizione e dei comitati civici hanno attaccato ed incendiato l’edificio del Tribunale elettorale dipartimentale di Potosí e saccheggiato gli uffici elettorali di altri dipartimenti, fra cui Sucre e Tarija. Drammatici gli scontri a Potosí, dove la polizia ha battuto in ritirata di fronte alla determinazione dei manifestanti, mentre due persone si sono lanciate dal 2secondo piano del Tribunale elettorale per sfuggire a un incendio.

La rabbia popolare non ha risparmiato neppure una statua dell’ex presidente venezuelano Hugo Chávez, di cui Morales era amico, che è stata abbattuta a Riberalta, città amazzonica a 1.000 chilometri a nord di La Paz. Inoltre a Santa Cruz, capitale del movimento anti Morales, è stato indetto uno sciopero ad oltranza. In risposta, il capo dello Stato si è riunito con la coalizione che sostiene il suo governo (Conalcam) che ha rivolto un appello a “difendere la vittoria al primo turno” responsabilizzando il l’ex presidente Carlos Mesa per i gravi disordini.

La legge boliviana prevede che un candidato può vincere le presidenziali al primo turno con il 50% più uno dei voti o, in alternativa, con un risultato in vantaggio minimo del 10% sul secondo. Il fatto è che quando erano all’83%, le proiezioni mostravano una chiara tendenza verso il ballottaggio del 15 dicembre. Ma la diffusione dei dati è stata interrotta per quasi 24 ore e quando è ripresa lo scenario era favorevole a Morales, che l’opposizione ha definito una “burla alla democrazia”. Anche il vice capo della delegazione di osservatori dell’Unione europea (Ue), Jorg Schreiber, ha chiesto al governo di fare urgentemente chiarezza sull’accaduto.

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