Messaggio numero uno: “Il piano anti-evasione non può essere né smantellato né toccato. Io ho iniziato con il M5S che gridava ‘onestà onestà‘ e tutte le forze politiche non devono tirarsi indietro”. Messaggio numero due: “Qui bisogna fare squadra, chi non la pensa così è fuori dal governo“. La risposta del premier Giuseppe Conte alle critiche di Matteo Renzi e Luigi Di Maio sul piano anti-evasione fiscale arriva nel tardo pomeriggio di una giornata monopolizzata da due appuntamenti importanti: la manifestazione del centrodestra unito a piazza San Giovanni e la seconda giornata della Leopolda renziana a Firenze. Con la sua uscita a margine dell’Eurochocolate di Perugia, però, il presidente del Consiglio si prende la scena e lancia avvertimenti chiarissimi agli alleati di governo. Concetti poi ripetuti in serata anche a Le parole della settimana di Massimo Gramellini, su Rai 3, dove Conte ha ribadito che nella lotta all’evasione fiscale “non indietreggia di un millimetro”, specie in riferimento al carcere per gli evasori.

Ma se la risposta a Renzi era per certi versi nelle cose, le parole riferite al Movimento 5 Stelle sono una assoluta novità nella narrazione di Conte, se non altro per l’asprezza dei toni. “Questo è un governo orientato ad abbassare la pressione fiscale complessiva, se qualcuno pensa che stiamo qui ad aumentare le tasse si sta sbagliando” ha detto il premier, per poi ricordare quella richiesta di onestà che è stata la caratteristica principale dell’arrivo dei grillini in Parlamento e che ora, a interpretare le parole di Conte, sembra essersi un po’ offuscata. Colpa delle posizioni assunte ufficialmente e ogni giorno da Di Maio e soci contro il piano anti-evasione, che a sentire i grillini corre il rischio di criminalizzare i commercianti.

Su questo punto, però, Conte non vuol sentirci, né tanto meno vuole parlare di modifiche sostanziali al testo della Legge di bilancio: “La manovra è stata approvata, salvo intese tecniche, vuol dire che si possono fare approfondimenti tecnici. La manovra – ha spiegato – è stata deliberata, approvata da ministri di tutte le forze politiche, anche del M5S”. In tal senso, il premier ha annunciato un vertice di maggioranza per lunedì prossimo: “Ragionevolmente ci ritroveremo, anche per un confronto con le forze politiche: abbiamo approvato la manovra salvo intese ed è bene un momento di confronto per gli ultimi dettagli e per verificare le ultime posizioni delle forze politiche su questi dettagli“.

Non ha parlato di dettagli, invece, Matteo Renzi, che dalla Leopolda a Firenze ha rilanciato la questione: “Su Quota 110 faremo un emendamento e vedremo chi vince in Parlamento” ha detto l’ex Rottamatore su Rai2, sottolineando che “la manovra ha degli aspetti positivi e qualche tassa di troppo, come i balzelli sulle partite Iva: sono sicuro che saranno eliminate”. Quanto al ruolo del suo partito in maggioranza, Renzi dice: “Lanciamo delle idee, delle proposte, non ci sono ultimatum, ma la politica non può essere solo demagogia e populismo come pensano altri”. Fonti di Palazzo Chigi, tuttavia, hanno fatto sapere che il premier nella sua uscita a Perugia non ha fatto riferimento “a singoli ministri o forze politiche” perché il premier “ha fatto un discorso più generale, nella convinzione che un governo ha bisogno di unità e coesione per lavorare e lavorare bene. È un affermazione che va oltre i riferimenti contingenti“.

Il presidente del Consiglio, inoltre, ha risposto a distanza anche all’ex alleato Matteo Salvini, che dal palco di Roma ha accusato chi nel governo “ha le mani sporche di sangue dei migranti”. Anche in questo caso Conte non le ha mandate a dire: “Salvini? Rispetto sempre gli avversari, però che non si dicano stupidaggini, perché su queste cose non si scherza. Non sono accettabili speculazioni di questo tipo – ha aggiunto – Salvini fa bene a stare zitto. Chi si è preoccupato in Ue di difendere il buon nome dell’Italia dove la propaganda politica ci stava facendo male è stato il sottoscritto?” ha chiesto retoricamente Conte, che poi ha detto anche la sua sulle regionali in Umbria: “Il voto in Umbria riguarda la popolazione umbra, non può influenzare il governo – ha sottolineato – però c’è molta attenzione, è un esperimento politico, molto importante, io stesso ci credo molto. Ma non può essere un test per il governo“.

Un test per il governo, invece, è diventato il piano anti evasione fiscale, ovvero il tema che ha scatenato il botta e risposta a distanza tra premier, Matteo Renzi e soprattutto il Movimento 5 Stelle. Ieri i grillini hanno pubblicato un post sul blog delle stelle in cui si chiedeva un nuovo vertice per modificare la misura. Una posizione peraltro confermata in giornata dal sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa. Il parlamentare grillino, infatti, ha pubblicato un post su Facebook con cui è tornato a criticare la misura, mettendone in dubbio gli obiettivi e l’effettiva ricaduta. “Oggi i tecnici del ministero Economia e Finanze, Ragioneria dello Stato compresa, ovvero chi realmente lavora sul tema, stima un recupero da evasione pari a ZERO nel caso in cui il tetto al contante passasse da 3000 euro a 1000 euro – ha scritto Villarosa – Abbiamo presentato numerose proposte di intervento per incentivare gli strumenti di pagamento e anche in quel caso, la risposta è stata: “Recupero evasione zero”.

Ribadendo che bisogna iniziare “dai grandi evasori“, Villarosa ha poi detto la sua: “Vogliamo fare una vera lotta all’evasione? Allora perché usiamo strumenti che stimano zero recupero da evasione? Per riuscire a fare una vera lotta all’evasione – ha proseguito – i tecnici ci informano che dovremmo avere un tetto al contante prossimo allo zero e pagamenti elettronici per circa l’80% della totalità dei pagamenti, praticamente impossibile, nessun Paese al mondo oggi consegue questi risultati e inoltre pensare a un eliminazione totale del contante è utopistico“. L’evasione, ha detto ancora citando l’esempio del Giappone “non è un problema di contante, è bensì un problema culturale e probabilmente dovuto anche all’eccessivo carico fiscale che ci contraddistingue. Introdurre nuovi costi per imprese e famiglie – ha argomentato – perché di questo stiamo parlando, per incentivare alcuni strumenti (sistemi di pagamento elettronici) e limitarne altri (contanti) senza avere sotto mano dei dati concreti che ci rassicurino che questi sforzi ci porteranno maggiore equità e quindi maggiori risorse da distribuire a tutti i cittadini mi sembra assurdo”. In pratica, Villarosa va in direzione diametralmente opposta a quella del ‘suo’ presidente del Consiglio.

Il sottosegretario all’Economia, poi, ha ribadito che proprio per le motivazioni appena esposte “trovo giusto attenzionare il tema in Parlamento perché solo il Parlamento e le audizioni in commissione bilancio potranno farci realmente capire le potenzialità di questi interventi”. Stesso identico discorso, a sentire Villarosa, per quanto riguarda “le sanzioni sui POS, come detto più volte”: “Abbiamo quasi il doppio dei terminali POS della media europea e come più volte detto i costi attuali sono troppo alti sia per le famiglie che per le piccole attività – ha spiegato – Quindi se lo sforzo va fatto lo dobbiamo fare sicuramente noi cittadini stessa cosa deve fare il fisco diventando meno ‘aggressivo’ e più collaborativo ma sopratutto le banche e chi offre questi servizi“.

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