Il presidente del consiglio è pronto a riferire al Comitato parlamentare per la sicurezza. Lo spiega lo stesso premier in una lettera inviata al neo-presidente del Copasir Raffaele Volpi. Congratulandosi per la sua nomina, Conte ha sottolineato la propria disponibilità a riferire sul cosiddetto Russiagate, cioè gli incontri tra i vertici dei nostri servizi segreti e il ministro della giustizia americano William Barr. “Mi sono congratulato per lettera con il presidente Volpi e sono a disposizione per concordare un incontro e per riferire al Copasir nella relazione semestrale come prevede l’art. 33 della legge del 3 agosto 2007″, ha detto il premier al Tg3. L’ufficio di presidenza del Copasir è stato convocato martedì alle 14. In questa occasione sarà anche fissata l’audizione di Conte. Nei giorni scorsi il presidente del consiglio ha spiegato che Donald Trump non gli ha parlato mai di Barr durante gli incontri avuti per motivi politici.

Il presidente del consiglio deve riferire su due incontri che il ministro della giustizia americano ha avuto con i vertici dei nostri 007. Poco prima di ferragosto, quando il governo con la Lega era praticamente ai titoli di coda, a Palazzo Chigi è arrivata una richiesta dall’ambasciata Usa. Gli americani chiedevano di consentire al ministro Barr di ottenere notizie sul maltese Joseph Mifsud, controverso professore alla Link University, che Washington considera legato al Russiagate e irreperibile da tempo. Una richiesta che per Palazzo Chigi è accettabile, ma solo ad alcune condizioni: se gli Stati Uniti volevano uno scambio d’informazioni tra Paesi alleati, va stabilito il perimetro. Se invece intendono svolgere un’inchiesta giudiziaria (negli Usa il ministro della giustizia è anche responsabile del Fbi) sarebbe stata necessaria una rogatoria.

Il premier non ha visto personalmente Barr ma ha considerato utile un incontro tra i nostri 007 e gli americani per ottenere informazioni che a Roma non circolano.Per questo motivo Conte ha autorizzato a Gennaro Vecchione, capo del Dis cioè il dipartimento che coordina l’intelligence, a ospitare Barr nella sede degli 007 a Roma, in piazza Dante. Un incontro preliminare, dopo il quale Vecchione ha organizzato una riunione effettiva con il prefetto Mario Parente e il generale Luciano Carta, rispettivamente al vertice di Aisi e Aise, i servizi segreti interni ed esterni. Prima di quel vertice Conte convoca Carta, Parente e Vecchione e dà istruzioni: la collaborazione deve avere interesse reciproco e agli americani non va consegnato alcun tipo di materiale.

Per il premier quella riunione è servita a fissare un perimetro politico agli 007 e non ha concesso disponibilità a Barr per vantaggi personali (l’endorsement di Trump con l’ormai celebre tweet in cui lo chiama “Giuseppi”). Per il premier quei due incontri sono da inquadrare in una semplice rapporto tra Paesi alleati. Per questo motivo nei giorni scorsi ha approfittato della cerimonia per il giuramento dei nuovi assunti del Sistema di Informazione per la sicurezza della Repubblica per parlare di intelligence “presidio della democrazia, non essendo concepibile che si muova al di fuori del controllo parlamentare e dei compiti che il Governo le assegna”. Sulla vicenda, però, restano da chairire alcuni aspetti. Per esempio: perché Conte ha fatto incontrare un politico, come è il ministro della giustizia americano, con i tecnici, come sono i vertici dei nostri servizi? Perché a parlare con Vecchione, Carta e Parente non sono andati i vertici della Cia? E ancora: che tipo di informazioni sono state fornite agli americani? Anche informazioni sull’attività della Cia in Italia durante i governi precedenti a quello di Conte? Cioè quelli di Paolo Gentiloni e Matteo Renzi, quando Donald Trump non era ancora alla Casa Bianca. Per sciogliere questi dubbi il premier ha accettato di parlare al Copasir: potrebbe essere audito già la prossima settimana.

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