Quando nel 2014 la Grecia era attraversata dalla crisi economica che tutti conoscono, ci fu chi, come l’allora premier finlandese Jyrki Katainen (poi commissario europeo), propose ereticamente di ipotecare l’Acropoli per pagare i debiti ellenici.

Per fortuna due anni dopo qualcun altro capì la delicatezza del tema e direi anche la sensibilità intima di ogni cittadino greco che si rispetti. Un pool di avvocati internazionali guidati dalla nota Amal Alamountin, compagna dell’attore George Clooney, si mise al lavoro per far tornare a casa uno dei simboli della democrazia ateniese, il più famoso reperto dell’antica Grecia e definito la migliore realizzazione di sempre dell’architettura greca classica.

Oggi l’Associazione internazionale per la riunificazione delle sculture del Partenone (Iarps) e i venti comitati nazionali in tutto il mondo sostengono fermamente il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis nei suoi sforzi per riunire le sculture del Partenone nel museo dell’Acropoli di Atene per la commemorazione del bicentenario della guerra d’indipendenza greca, nel 2021. Inoltre l’Hellenic american leadership council (Halc), con sede a Chicago, ha lanciato una petizione online a favore della restituzione dal British Museum e in poche ore ha registrato migliaia di adesioni.

Questo per dire che oggi, negli anni di post crisi economica ellenica e di Brexit, credo che una sorta di alleanza culturale tra Londra ed Atene sarebbe cosa buona e giusta. Il problema è che Londra continua ad ignorare Atene, come dimostrano le mancate risposte alle lettere ufficiali inviate dal ministro della Cultura ellenica per tutto il 2018, sebbene l’opinione pubblica britannica sia favorevole al ritorno dei fregi in Grecia.

La proposta di prestito avanzata da Mitsotakis a Boris Johnson segue quella concordata con il presidente francese Emmanuel Macron la scorsa settimana, la metope in mostra al Louvre in cambio di una collezione di manufatti in bronzo dalla Grecia: un primo passo sulla strada di una svolta nella lunga rivendicazione in corso da parte del governo ellenico. Il ritorno a breve termine dal British Museum delle sculture del Partenone in Grecia potrebbe avere benefici a lungo termine.

Nel 2021 ad Atene si celebrerà il bicentenario della Rivoluzione greca e dell’indipendenza dalla schiavitù ottomana dei turchi, e quindi il governo greco vorrebbe mostrare i propri capolavori. Quale migliore occasione per Londra di fare pace con la storia e di dare un segno diverso, fatto magari di cultura, di condivisione e di umanità piuttosto che di materia e finanza?

I fregi si trovano nel British Museum da oltre 200 anni e dal 1981 sono rivendicati dalla Grecia. Da sempre Londra ha opposto un netto rifiuto, ma dal 2016 sono cambiate le cose: un’accelerazione si è registrata anche grazie alla campagna che l’ambasciatore dell’Unesco, Marianna Vardinoyannis, ha lanciato grazie alla cosiddette “tre R”: ritorno (dei marmi), restauro (del Partenone), ripartenza (della Storia).

In tutto si tratta di 15 metope, 56 bassorilievi di marmo e 12 statue, ovvero l’equivalente dell’intero frontone ovest, senza dimenticare anche una delle sei cariatidi del tempietto dell’Eretteo. Era il 1802 quando Lord Thomas Bruce Elgin li trafugò per venderli al British Museum.

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