di Giacomo Manini

La storia del primo oro olimpico femminile italiano non è una storia come le altre e lo si intuisce già dal nome della protagonista, Trebisonda Valla. Scelto dal padre come omaggio all’omonima città turca: “mi aveva chiamato così per tutto quello che aveva letto, di affascinante e di magico, sulla città turca: io, prima femmina dopo quattro maschi, gli avevo acceso la fantasia al punto che sarei dovuta diventare tutta una meraviglia, proprio come la Trebisonda del mito”.

È nota al grande pubblico come Ondina, soprannome dovuto a un refuso di un giornalista. Ondina era un prodigio dell’atletica, già da giovanissima si era fatta notare per delle abilità fuori dal comune e a 14 anni diventò campionessa italiana e fu convocata in Nazionale, quando indossava i colori della Virtus Atletica. Primeggiare a livello italiano o cittadino o studentesco faceva poca differenza però: l’avversaria era sempre la stessa, Claudia Testoni, sua compagna di scuola alle medie che sarebbe stata la sua rivale per tutta la carriera.

A 16 anni la convocazione più prestigiosa per i giochi olimpici di Los Angeles 1932, dai quali fu però esclusa su pressione del Vaticano, ostile allo sport femminile. Undici secondi e 6 decimi, questo il tempo in cui Ondina ha saltato 8 ostacoli e percorso gli 80 metri che le hanno spalancato le porte dell’Olimpo consegnandole l’alloro.

Qui abbiamo riunito otto ostacoli fisici e simbolici di una vita e una carriera tutt’altro che lineare.

1° ostacolo – l’allenamento

Alcuni dicono che la parola “successo” arrivi prima di “sudore” solo nel dizionario e un’atleta del livello di Valla lo sa bene. Faticare dopo scuola, su un terreno più simile alla ghiaia che alla sabbia, mentre la maggior parte delle compagne si dedicano ad altro. Lottare contro i pregiudizi e con il proprio fisico per migliorarsi un centesimo di secondo alla volta.

2° ostacolo – la madre

Ondina ha dovuto superare pure l’opposizione della madre, Andreina, cattolica devota, convinta che fosse indecoroso per l’unica sua figlia partecipare a delle gare di atletica. Inoltre, temeva che dedicandosi all’attività sportiva la figlia non avrebbe mai trovato marito.

3° ostacolo – la Chiesa

“Avrei dovuto partecipare anche all’Olimpiade precedente, quella del 1932 a Los Angeles. Ma sarei stata l’unica donna della squadra di atletica e così mi dissero che avrei creato dei problemi su una nave piena di uomini. E che non era accettabile vedere una donna correre svestita oltreoceano. La realtà è che il Vaticano era decisamente contrario allo sport femminile”.

4° ostacolo – Claudia

Rivali, ma amiche. Centoundici sfide tra campionati nazionali, europei e mondiali, 69 vinte da Ondina e una finale olimpica, il tutto partendo dalla scuola media Regina Margherita. La storia di Trebisonda è la storia di Claudia e viceversa, legata indissolubilmente a doppio filo, due donne diverse che si stavano affermando con prudenza – perché all’epoca era quasi l’unico modo – e che hanno segnato lo sport italiano e non. “Pensare a Claudia è pensare alle cose più belle della mia vita”.

5° ostacolo – gelo

Nonostante fosse agosto il giorno della finale faceva freddo. Ondina aveva anche i crampi e li affrontò con delle zollette di zucchero imbevute nel cognac: a quanto pare funzionò.

6° ostacolo – Trebisonda

La sfida con se stessa è quella che nel 1952, a 36 anni, la fa laureare campionessa abruzzese nel lancio del peso.

7° ostacolo – fotofinish

https://www.youtube.com/watch?v=lNg4kSAdeyM

L’arrivo è incerto: c’è bisogno delle immagini per stabilire il podio, uno dei primissimi casi (se non il primo in assoluto) di assegnazione di un oro olimpico al fotofinish. Questa attrezzatura la si deve a Leni Riefenstahl, regista di Olympia, il primo documentario della storia delle Olimpiadi e per realizzarlo poté disporre di macchinari e fondi ingenti stanziati dal Terzo Reich.

8° ostacolo – la memoria

La memoria selettiva comune ha riposto in un cassetto i successi sportivi ottenuti nel ventennio del regime fascista; la materia è delicata e certamente le ingerenze dei governi hanno avuto forte influenza nella storia dello sport. Ondina però gli 80hs sempre in 11,6” li ha corsi, e la memoria selettiva non è il modo giusto per contestualizzare e dare il giusto peso alle gesta degli atleti.

Ad esempio, Vittorio Pozzo attualmente non ha uno stadio intitolato, se escludiamo quello di Biella da 5mila posti, eppure è nettamente una delle figure di riferimento nella storia italiana. Le imprese e la storia di Ondina Valla hanno trasceso il mondo dello sport, entrando di diritto nei libri di storia; quindi non si corre più il rischio di obliare le sue gesta. Anche se sotto la superficie ci sono centinaia di storie dimenticate ingiustamente.

Una bolognese agile con un’amica con la stessa immensa passione, diventata aquilana d’adozione nella seconda porzione di vita. E tra l’altro anche Claudia Testoni meriterebbe un approfondimento ulteriore proprio per non banalizzarla come “quella che arrivò quarta”.

Nel 1978 subì il furto della medaglia d’oro di Berlino e l’allora presidente della federazione italiana di atletica decise di donarle una riproduzione della medaglia. Nessuno però potrà mai toglierle gli 11 secondi e 6 decimi trascorsi un po’ con i piedi per terra e un po’ in volo, allegoria perfetta della sua vita, orientati al superamento degli ostacoli per regalarsi la gloria eterna.

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